Giustizia predittiva: prevedibilità è strumentale al principio di uguaglianza formale (G. SALVI, Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione).

……….Il tema della calcolabilità, o prevedibilità, del diritto ha radici antiche; a esso si associa spesso, oggi, quello della giustizia c.d. predittiva o cyberjustice in senso proprio. Qui interessa tuttavia analizzare più concretamente in quale modo si realizzi la funzione ordinatrice ed orientatrice della giurisprudenza di legittimità associata a quel concetto di prevedibilità e quali ne possano essere taluni segmenti critici.
La prevedibilità è spesso accomunata all’idea della “certezza” del diritto.
È una idea teorica in declino, questa, se intesa nella sua assolutezza: la certezza è attributo delle scienze esatte, della matematica, che come suole dirsi non è un’opinione; mentre il diritto, che è linguaggio, si alimenta di opinioni, ne ha necessità per non isterilirsi.

L’idea del diritto legislativo “geometrico” portata dall’Illuminismo e dai progetti monistici di codificazione recede con l’avvento delle Costituzioni e poi delle Carte sovranazionali, che offrono una visione pluralistica e non più “legicentrica” dell’ordinamento giuridico, che riflette la complessità del tessuto sociale. Attingendo ai principi, prende spazio decisivo l’attività dell’interpretazione giudiziaria del diritto, non più identificato nella sola legge formale; e l’interpretazione è a sua volta alimentata dal circuito dei “dialoghi” tra le Corti allo stesso tempo in cui è occasionata dall’esperienza materiale, dalla realtà dei fatti.
Ecco quindi che in un simile quadro – inevitabilmente qui molto sommariamente tratteggiato – alla garanzia generale e astratta del dato normativo, non più “certo” perché inserito in un quadro più articolato di principi e di regole spesso da comporre e da bilanciare, di diritti azionabili talvolta senza la mediazione legislativa ovvero per via di applicazione diretta di enunciati sovra-legislativi, si accompagna, talvolta soppiantando la prima, la garanzia concreta dell’interpretazione giuridica.
È all’interno dell’attività interpretativa che viene ora a collocarsi, così,
l’esigenza imprescindibile della prevedibilità, che ha anch’essa portata di principio e di valore costituzionale, declinato talvolta, specie nelle giurisdizioni europee, nella categoria giuridica dell’affidamento, o della necessità comunque di avere una ragionevole possibilità di valutare le conseguenze delle proprie determinazioni ed azioni.

Prevedibilità che parte dal territorio, dalle decisioni dei giudici di merito,
per pervenire alla Corte di cassazione, in una linea che fa assumere a questa esigenza un connotato costituzionale.
La prevedibilità assume il connotato strumentale di attuazione pratica del principio di uguaglianza formale, nel pendolo continuo tra ragioni di stabilizzazione ed esigenze di evoluzione del sistema giuridico.
Tutto questo, che costituisce oggetto di ampio dibattito e di riflessione
nella dottrina contemporanea, mette in chiaro il peso crescente che è assunto dalla giurisprudenza, nel momento in cui definisce principi e indirizzi, senza per questo “farsi” produzione normativa, giacché legge e giurisprudenza non si identificano (Corte costituzionale, sentenza n. 230 del 2012); e tuttavia nel decidere un caso il giudice non dà, o non dà soltanto, voce alla legge, ma costruisce la regolazione di quello stesso caso: crea, appunto, il “precedente”.
Naturalmente, si tratta di un peso specifico che è particolarmente incidente nella materia penale, rispetto alla riserva di legalità e all’imperativo di
prestabilire le conseguenze punitive dell’azione individuale, a fronte di fattispecie che appaiono sovente elastiche o che si avvalgono di clausole generali che la giurisprudenza è chiamata a definire e specificare.
Ma è nella materia civile che il tema della ricerca del punto di equilibrio tra prevedibilità e mutamento del diritto si manifesta più spesso. Se il diritto non può, per definizione, essere “ingessato” perché ne verrebbe meno la sua stessa utilità, esso non può neppure essere consegnato a soggettivismi o imprevedibili mutamenti: entra in campo anche la tematica dei mutamenti giurisprudenziali e dei loro effetti.

Nello scenario sopra tratteggiato, prende spazio crescente il ruolo del
giudice, in primo luogo del giudice di legittimità, chiamato a svolgere istituzionalmente l’opera di stabilizzazione e uniformazione del diritto (artt. 363, 374, 384 c.p.c.).

Le regole processuali poste negli ultimi anni hanno messo l’accento
sull’esigenza di rafforzare la funzione nomofilattica della Corte di cassazione, attraverso l’introduzione di meccanismi processuali vòlti al versante della stabilità ed uniformità, interpretativa e applicativa, del diritto.
Se ne è già accennato nell’Introduzione: l’art. 360-bis, comma 1, lettera
a), c.p.c., introdotto nel 2009, declina come inammissibile l’impugnazione
che non offra valide ragioni per ripensare indirizzi di legittimità preesistenti (Cass. civ., S.U., sentenza n. 7155 del 2017); e la giurisprudenza si esprime nel senso che anche un solo precedente di legittimità può integrare l’orientamento che preclude l’esame dell’impugnazione (Cass. civ., Sez. VI, sentenza n. 4366 del 2018). L’art. 374 c.p.c., nel testo del 2006, nel regolare i casi in cui la Corte pronuncia a Sezioni Unite, vale a dire quelli in cui si manifesta un contrasto all’interno della Corte ovvero emerge una questione “di massima” di particolare importanza, pone per le Sezioni semplici un vincolo negativo, che rafforza l’efficacia del precedente che le stesse Sezioni Unite hanno pronunciato in precedenza: la Sezione semplice che intenda dissentire da quel precedente, è tenuta a rimettere la decisione nuovamente alle Sezioni Unite.

Lo schema, talvolta criticato in ottica di enfatizzazione della soggezione del giudice soltanto alla legge o perfino relegato a disposizione organizzativa e comunque priva di sanzione processuale, è lontano dall’assumere quella valenza gerarchica che è stata ravvisata da alcuni, peraltro in una ottica tutta rivolta all’interno della giurisdizione. Si tratta semmai di una disposizione di garanzia verso i destinatari della giurisdizione, ai quali in primo luogo occorre guardare posto che la giustizia è per i cittadini e non per i magistrati.
Il rilievo di questo punto, nella dialettica interna tra Sezioni Unite e Sezioni semplici, ha formato del resto a sua volta oggetto di enunciato esplicito
nella stessa giurisprudenza: chiamata a chiarire l’ambito dell’onere di conformazione al precedente, rispetto a una decisione (Cass. civ., S.U., sentenza n. 14828 del 2012) particolarmente ampia ed articolata e per questo di più ardua individuazione dei principi “vincolanti” (nel senso detto), la Corte a Sezioni Unite ha esplicitato la portata di quel vincolo di coerenza tra sentenza delle Sezioni Unite e orientamento della Sezione, che è limitato “all’applicazione del solo principio di diritto posto a fondamento del decisum delle Sezioni Unite e che costituisce la ratio decidendi della fattispecie concreta, senza estendersi a tutte le ulteriori argomentazioni svolte in guisa di obiter dictum o comunque contenute nella parte motiva della sentenza”.

Si tratta di una affermazione, sottesa al sistema di cui si tratta, che assume però un rilievo ulteriore a misura che orienta il modo di formulazione dei principi presso il collegio, per evitare “sentenze-trattato”, affermazioni non strettamente rilevanti o conseguenziali, argomentazioni collaterali e così via; in linea con la tensione del diritto vigente verso canoni di chiarezza, certamente tanto più difficili quanto più complesso è l’ordinamento giuridico.
Nel quadro così conformato, in breve, alle decisioni delle Sezioni Unite è riconosciuta una portata peculiare, una sorta di riserva di competenza sulle questioni di particolare importanza e sui contrasti, ancorché non assistita da alcuna sanzione ma solo dalla sua forza persuasiva……..

FONTE: Intervento del Procuratore Generale presso la Corte Suprema di Cassazione, in occasione dell’Assemblea generale della Corte sull’amministrazione della giustizia nell’anno 2020


Per approfondimenti vedi QUI

Si veda il volume VIOLA (a cura di), Giustizia predittiva e interpretazione della legge con modelli matematici (Atti del Convegno tenutosi presso l’Istituto dell’enciclopedia Italiana Trecccani), DirittoAvanzato, Milano, 2019, con contributi di Stefano AMORE (Magistrato assistente di Studio presso la Corte Costituzionale)Giuseppe BUFFONE (Magistrato addetto alla Direzione Generale della Giustizia Civile, Ministero della Giustizia)Tiziana CARADONIO (Magistrato)Veronica CASALNUOVO (Avvocato, Presidente Osservatorio ONDP)Caterina CHIARAVALLOTI (Presidente di Tribunale)Pietro CHIOFALO (D.G. Advisory Board e R.I. presso Camera dei Deputati)Gianfranco D’AIETTI (Docente di informatica giuridica, già Presidente di Tribunale)Gaetano DANZI (Avvocato, Presidente di Ad Pythagoram – associazione culturale interdisciplinare)Valerio de GIOIA (Magistrato),  Mirella DELIA (Magistrato, referente della Buona Prassi BDDC)Michele FILIPPELLI (Professore aggregato di Diritto privato)Jasna GERIC (Interprete, Traduttrice, Docente)Pierluigi GILLI (Docente universitario, Avvocato Cassazionista, Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana)Andrea GIORDANO (Avvocato dello Stato)Manuela RINALDI (Avvocato Cassazionista, Docente a Contratto Diritto del lavoro e tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro)Serafino RUSCICA (Consigliere Parlamentare presso il Senato della Repubblica)Piero SANDULLI (Professore ordinario di Diritto processuale civile)Matteo SANTINI (Avvocato, Consigliere Ordine Avvocati Roma)Stefano SCHIRÒ (Presidente del Tribunale superiore delle Acque pubbliche, già Presidente della Prima sezione civile presso la Suprema Corte di Cassazione)Marco SCIALDONE (Avvocato, Docente universitario di Diritto e mercati dei contenuti e servizi online, Membro della commissione di esperti sull’intelligenza artificiale del Ministero dello Sviluppo Economico)Giulio SPINA (Direttore editoriale Diritto Avanzato), Coordinamento redazionale di Luisa Iolanda CALVAGNA.


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