Fatturazione elettronica e rischio violazione privacy: no a tutela cautelare ex art. 700 c.p.c. o sospensione ex art. 5, d.lgs. 150/11

Con riferimento alla domanda cautelare, a protezione dei diritti garantiti dal d.lgs. 196/03 (c.d. codice della privacy), di cui all’art. 5 d.lgs. 150/2011 (speciale mezzo di tutela per le ipotesi in cui all’esecutività dell’atto impugnato consegua il pericolo di un pregiudizio grave ed irreparabile; strumento da esercitarsi nell’ambito del giudizio di merito) proposta da un’associazione rappresentativa di un gruppo di commercialisti che dichiari di temere di essere coinvolta in un meccanismo operativo contra ius, potenziale fonte di responsabilità professionale, laddove in concreto, nell’ambito dell’attività di fatturazione elettronica, si desse luogo a trattamento improprio dei dati personali dei clienti (pericolo individuato in particolare nella possibilità di illecite intromissioni nel sistema) va affermato quanto segue: una simile rappresentazione del periculum appare inadeguata a sorreggere la richiesta di cautela, traducendosi nel rischio di esposizione a contestazioni e censure da parte dei propri clienti, ovvero di soggezione ad una responsabilità risarcitoria che si presenta del tutto eventuale, di ricorrenza non immediata, e per sua natura suscettibile di riparazione attraverso un equivalente monetario di incerta determinazione, caratteristiche tutte che ne precludono l’inquadramento nella fattispecie del danno irreparabile; ciò senza contare che, a fronte di eventuali censure da parte della clientela, i professionisti in questione ben potrebbero opporre la causa di giustificazione dell’adempimento del dovere.

Con riferimento alla domanda cautelare, a protezione dei diritti garantiti dal d.lgs. 196/03, di cui all’art. 5 d.lgs. 150/2011 – premesso che, in linea di principio, il tema della permeabilità dei sistemi di trasmissione ed archiviazione delle fatture elettroniche rispetto ad eventuali intromissioni illecite non si presta alla valutazione sommaria che è propria del giudizio cautelare, involgendo valutazioni tecniche altamente specializzate – va affermato che così come l’art. 700 c.p.c. (pure invocato in via alternativa nel caso di specie), anche la misura della sospensione in questione ha natura e struttura cautelare; deve al riguardo confermarsi che il sintagma «gravi e circostanziate ragioni» consente la sospensione solo in presenza dell’apparente fondatezza dell’azione e di un consistente pregiudizio in capo al ricorrente, e la natura cautelare del provvedimento è data per presupposta anche nella relazione di accompagnamento del d.lgs. 150/ 2011, che individua i presupposti della sospensione nella «ragionevole fondatezza dei motivi su cui si fonda l’opposizione» e nel «pericolo di un grave pregiudizio derivante dal tempo occorrente per la decisione dell’opposizione; e sebbene nel caso della sospensione inaudita altera parte prevista dal comma 2 venga posto maggiore accento sulla gravità del pericolo, deve ritenersi comune ad entrambi i casi – in quanto partecipi di una comune natura ed emessi a seguito di cognizione sommaria – la necessità di uno specifico requisito di urgenza, tradizionalmente declinato in termini di gravità ed inemendabilità del danno conseguente al decorso del tempo necessario prima dell’adozione di un provvedimento definitivo a cognizione piena.

 

Tribunale di Roma, sezione diciottesima, provvedimento del 28.12.2018