Eccezione di compensazione: cosa accade se il credito opposto in compensazione è contestato o non è di pronta e facile liquidazione?

I requisiti prescritti dall’art. 1243, primo comma, c.c., per la compensazione legale, e cioè l’omogeneità dei debiti, la liquidità, l’esigibilità e la certezza, devono sussistere necessariamente anche per la compensazione giudiziale; il secondo comma di detta norma si limita a consentire al giudice del credito principale di liquidare il controcredito opposto in compensazione soltanto se il suo ammontare è facilmente e prontamente liquidabile in base al titolo. Ma per esercitare questo potere discrezionale – esclusivo e specifico – al fine di dichiarare la compensazione giudiziale, il controcredito deve essere certo nella sua esistenza e cioè non controverso. Se il controcredito è contestato, come prevede l’art. 35 c.p.c., allora non è certo, e quindi non è idoneo ad operare come compensativo sul piano sostanziale, e l’eccezione di compensazione va respinta. L’ambito di contestazione del controcredito opposto in compensazione secondo l’art. 1243 c.c., secondo comma, è infatti limitato alla liquidità del credito, mentre la contestazione sulla sua esistenza – a meno che essa sia prima facie pretestuosa e infondata – lo espunge dalla compensazione giudiziale. Soltanto la contestazione sulla liquidità del credito opposto in compensazione consente al giudice del credito principale di determinarne l’ammontare se è facile e pronto, sopperendo alla mancanza di questo requisito mediante un’attività ricognitiva-attuativa del titolo, funzionale all’eccezione di compensazione.

 La disciplina contenuta nell’art. 1243, secondo comma, c.c. consiste nell’inoperatività dell’eccezione di compensazione, sia legale che giudiziale, se è controverso l’an del controcredito, analogamente al caso in cui il credito opposto in compensazione non è di pronta e facile liquidazione. Il giudice del credito principale ha o la possibilità di dichiarare la compensazione per la parte di controcredito già liquida, o di sospendere, eccezionalmente, la condanna del credito principale fino alla liquidazione di tutto il credito opposto in compensazione, ma non di ritardare la decisione sul credito principale fino all’accertamento, da parte di egli stesso o di altro giudice, dell’esistenza certa di quello opposto in compensazione; altrimenti sarebbe pleonastico il sintagma “di pronta e facile liquidazione” richiesto dalla norma. Ne’ d’altro canto a tal fine può applicarsi analogicamente la disciplina dell’art. 35 c.p.c. non potendosi ravvisare il canone interpretativo dell’eadem ratio.

 

 

Tribunale di Brescia, sentenza del 8.11.2019