Durata del processo: il danno non patrimoniale può presumersi solo quando il processo supera in modo significativo la durata ragionevole

In tema di equa riparazione per violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, l’esistenza del danno non patrimoniale può presumersi solo quando il processo superi in modo significativo la sua durata ragionevole, non anche quando esso trovi definizione a ridosso di tale termine, superandolo di pochi mesi (cinque, nel caso di specie). In questa evenienza, infatti, appare logico presumere, in relazione alla natura del danno stesso e sempre che non risultino indicazioni contrarie scaturenti in primo luogo dall’importanza della posta in gioco, che un lasso di tempo cosi breve di eccedenza non possa provocare a carico della parte sofferenze e patemi d’animo apprezzabili e, quindi, autonomamente enucleabili come danno evento.

Ove la relativa domanda sia proposta durante la pendenza del processo presupposto, il giudice deve prendere in considerazione, ai fini della valutazione della ragionevolezza della durata di detto processo, il solo periodo intercorrente tra il suo promovimento e la proposizione del ricorso per equa riparazione, non potendo considerare altresì l’ulteriore ritardo, futuro ed incerto, suscettibile di maturazione nel prosieguo del primo processo.

 

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 15.9.2015, n. 18119