Domanda di ripetizione di indebito oggettivo contro la banca, onere della prova

Nella domanda di ripetizione di indebito oggettivo l’onere della prova grava sul creditore istante, il quale è tenuto a provare i fatti costitutivi della sua pretesa, perciò, sia l’avvenuto pagamento, sia la mancanza di una causa che lo giustifichi (ovvero il venir meno di questa), prova che può essere fornita dimostrando l’esistenza di un fatto [positivo] contrario, o anche mediante presunzioni o testimoni. Questo principio generale vale anche nel caso in cui non si assume che l’intero pagamento è indebito, ma solo una parte, per cui si agisce in ripetizione solo per l’eccedenza.

Ai sensi e per gli effetti dell’art. 2967, primo comma, c.c. incombe sul correntista-attore che agisce per l’accertamento negativo del debito e in ripetizione dell’indebito, l’onere di allegare e provare i fatti posti a base della domanda: l’esistenza di specifiche poste passive del conto corrente oggetto di causa che non trovano fondamento in valide pattuizioni negoziali, rispetto alle quali l’applicazione delle stesse avrebbe determinato esborsi maggiori rispetto a quelli contrattualmente dovuti. Il correntista, quindi, deve fornire la prova non solo delle dedotte nullità delle clausole contrattuali dalla cui applicazione sarebbe derivata l’illegittima annotazione di poste a debito indebitamente corrisposte, ma anche del reale saldo del conto in contestazione una volta espunti gli importi illegittimamente addebitati (a tal fine, sono indispensabili sia i contratti le cui clausole sono state impugnate, sia gli estratti conto trimestrali in cui sono riportate in ordine cronologico le annotazioni attive e passive su cui effettuare un’eventuale consulenza tecnica volta a ricostruire l’andamento del rapporto).

Tribunale di Roma, sentenza del 29.1.2020, n. 1981