Domanda di pagamento di una somma “ritenuta di giustizia” non è mera clausola di stile: sì a variazioni del quantum rispetto alla originaria pretesa attorea tenendo conto della CTU

Va confermato che il ricorso alla formula con cui una parte domanda al giudice di condannare l’altra al pagamento di un importo indicato in una determinata somma o “in quella ritenuta di giustizia” ha una precisa valenza giuridica sotto il profilo del rispetto del principio enunciato dall’art 112 c.p.c. Non può quindi essere considerata una mera clausola di stile, bensì uno strumento volto ad agevolare una ponderata liquidazione del danno da parte del giudice che non sia rigidamente vincolata alla quantificazione indicata nelle conclusioni specifiche della parte e dunque maggiormente idonea a soddisfare il requisito dell’integralità del risarcimento. Così, la determinazione del quantum risarcibile, ove non precisamente determinabile ex ante, può subire delle variazioni rispetto alla originaria pretesa attorea tenuto conto delle risultanze dell’espletamento delle indagini e degli esami in sede di consulenza tecnica (in applicazione di tale principio la Corte d’appello giudica fondato il motivo con cui l’appellante censura l’erronea quantificazione del danno biologico da parte del Tribunale nella parte in cui esclude la maggior valutazione operata dal CTU in sede di chiarimenti qualificando come nuova la domanda in questione in quanto diversa, sotto il profilo del quantum, da quella formulata dall’attore nelle conclusioni dell’atto introduttivo nonché dalla quantificazione operata inizialmente dal CTU nella propria relazione. La Corte conclude affermando che nella specie non è configurabile in concreto la proposizione di domanda nuova e di un’inammissibile modificazione della stessa; ne deriva che il giudice di prime cure avrebbe dovuto moltiplicare per il 20% la quantificazione del punto di invalidità così come ritenuto congruo dal CTU in sede in chiarimenti apparendo condivisibile il parere tecnico medico legale del consulente).

Corte di appello di Roma, sentenza del 28.7.2022


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