Divieto di sentenze della terza via: in caso di vulnus, non c’è sempre nullità

In caso di violazione del disposto dell’art. 101 comma 2 c.p.c., la nullità processuale non può essere, ipso facto, sempre e comunque predicata; per l’ipotesi di sentenza di primo grado appellabile, non può ritenersi sufficiente che il giudice abbia rilevato d’ufficio una questione senza sottoporla al previo contraddittorio delle parti, ma occorre che la relativa rilevazione officiosa abbia determinato ipotesi di sviluppo della res litigiosa, fino a quel momento processuale non considerati dalle parti sotto il profilo della prova, di talchè la presunta violazione del contraddittorio (rectius, del principio di difesa) risulterà denunciabile quale motivo di appello solo al fine di rimuovere alcune preclusioni dell’art. 345 c.p.c. (specie in materia di contro-eccezioni o di prove non indispensabili), senza necessità di giungere alla più radicale soluzione della rimessione in primo grado, salva la prova, in casi ben specifici e determinati, in cui risulti realmente ed irrimediabilmente vulnerato lo stesso valore del contraddittorio [Cassazione civile, sezione prima, sentenza del 17.4.2014, n. 8956].

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