Divieto di produrre in giudizio la corrispondenza tra i professionisti contenente proposte transattive: principio invalicabile

Il divieto di produrre in giudizio la corrispondenza tra i professionisti contenente proposte transattive assume la valenza di un principio invalicabile di affidabilità e lealtà nei rapporti interprofessionali, indipendentemente dagli effetti processuali della produzione vietata, in quanto la norma mira a tutelare la riservatezza del mittente e la credibilità del destinatario, nel senso che il primo, quando scrive ad un collega di un proposito transattivo, non deve essere condizionato dal timore che il contenuto del documento possa essere valutato in giudizio contro le ragioni del suo cliente, mentre il secondo deve essere portatore di un indispensabile bagaglio di credibilità e lealtà che rappresenta la base del patrimonio di ogni avvocato.

La produzione in giudizio di una lettera contenente proposta transattiva configura per ciò solo la violazione della norma deontologica di cui all’art. 48 cdf (già art. 28 codice previgente), precetto che non soffre eccezione alcuna, men che meno in vista del pur commendevole scopo di offrire il massimo della tutela nell’interesse del proprio cliente.

L’illecito deposito in giudizio di documentazione riservata o contenente proposte transattive (art. 48 cdf, già art. 28 codice previgente) non è scriminato dall’asserita buona fede, giacché per l’imputabilità dell’infrazione è sufficiente la volontarietà con la quale è stato compiuto l’atto deontologicamente scorretto, a nulla rilevando la buona fede dell’incolpato ovvero le sue condizioni psico-fisiche, elementi dei quali si può tener conto solo nella determinazione concreta della sanzione.

Consiglio Nazionale Forense (pres. Mascherin, rel. Masi), sentenza n. 108 del 16 ottobre 2019 (pubbl. 18.2.2020)