Diritti autodeterminati e diritti eterodeterminati: questa la distinzione

Questa à la distinzione tra diritti autodeterminati e diritti eterodeterminati:
I primi sono quelli la cui individuazione prescinde dal titolo d’acquisto allegato ed è motivata in relazione alla natura unica ed irripetibile della situazione sostanziale dedotta; lì dove, invece, l’identificazione dei secondi è in funzione dello specifico fatto storico contrattualmente qualificato, sicchè la causa petendi si risolve nel riferimento concreto a quel fatto specifico che è affermato ed allegato come costitutivo, e che perciò possiede una specifica attitudine a individuare il diritto fatto valere in giudizio.
Elaborata allo scopo di fissare i limiti entro cui la domanda può essere modificata senza incorrere nel divieto della mutatio libelli, detta distinzione scioglie una risalente antitesi fra titolazione e sostanziazione della causa petendi. La deduzione dei diritti autodeterminati dipende, infatti, da un puro meccanismo di designazione legale (titolazione, appunto), che consente di collegare la pretesa alla norma invocata senza la mediazione dei fatti storici su cui si fonda l’acquisto del diritto; fatti, al contrario, da cui i diritti eterodeterminati traggono senso e contenuto (sostanziazione, appunto) perchè solo attraverso essi prende corpo il rapporto giuridico che ne è all’origine.
Nelle azioni relative ai diritti autodeterminati, quali la proprietà e gli altri diritti reali di godimento, la causa petendi si identifica, dunque, con i diritti stessi e con il bene che ne forma l’oggetto. Essendo vana ai fini dell’individuazione della domanda, l’allegazione dei fatti o degli atti da cui dipende il diritto vantato è necessaria soltanto per provarne l’acquisto. Il cui modo (sia esso un fatto o un atto) integra a livello processuale un fatto secondario che in quanto tale è dedotto unicamente in funzione probatoria del diritto vantato in giudizio. Se dedotto già nell’atto introduttivo, il modo d’acquisto non per questo assume valenza di fatto principale, giacchè quest’ultimo si identifica con il diritto autodeterminato e non con altro.
Nell’attività di qualificazione o di riqualificazione dei fatti controversi, il giudice incontra il limite, derivante dall’art. 112 c.p.c., di non modificare il petitum e la causa petendi della domanda, vale a dire di non attribuire alla parte attrice un effetto di giudicato sostanziale diverso da quello richiesto. Pertanto, ove sia domandato l’accertamento di un diritto autodeterminato, come la proprietà o altro diritto reale, identificandosi tale effetto con lo stesso diritto vantato e non con il contratto che sia stato dedotto per provarne l’esistenza, il giudice non può a cagione dell’interpretazione di tale contratto attribuire alla parte attrice un diritto reale diverso da quello oggetto della pretesa [Cassazione civile, sezione seconda, sentenza del 31.3.2014, n. 7502].

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