Dichiarazione di fallimento e domanda di risoluzione: chi è il giudice competente?

Vanno formulati i seguenti principi di diritto:

I. Nel sistema concorsuale riformato, la L. Fall., art. 72, comma 5, secondo periodo, impone – anche alla luce dei principi di specializzazione, concentrazione e speditezza sottesi alla L. Fall., artt. 24 e 52, nonchè del contraddittorio incrociato tipico del procedimento di accertamento del passivo – che la domanda di risoluzione proposta prima della dichiarazione di fallimento, se diretta in via esclusiva a far valere le consequenziali pretese risarcitorie o restitutorie in sede fallimentare, non può proseguire in sede di cognizione ordinaria, ma deve essere interamente proposta secondo il rito speciale disciplinato dalla L. Fall., artt. 93 e ss..

II. In sede di accertamento del passivo, la domanda di risoluzione che costituisca antecedente logico-giuridico della domanda di risarcimento o restituzione deve essere esaminata e decisa dal giudice fallimentare, non essendo applicabile in via analogica l’istituto dell’ammissione con riserva ai sensi della L. Fall., art. 96, n. 1) o n. 3), nè potendosi disporre la sospensione necessaria ai sensi dell’art. 295 c.p.c., in attesa della decisione della causa pregiudiziale di risoluzione in ipotesi proseguita in sede di cognizione ordinaria.

III. La domanda di risoluzione diretta a conseguire finalità estranee alla partecipazione al concorso (come la liberazione della parte in bonis dagli obblighi contrattuali, o l’escussione di una garanzia di terzi) è procedibile in sede di cognizione ordinaria, dopo l’interruzione del processo L. Fall., ex art. 43 e la sua riassunzione nei confronti della curatela fallimentare.

Cassazione civile, sezione prima, sentenza del 7.2.2020, n. 2990