Decreto ingiuntivo revocato a seguito dell’opposizione, ragioni di rito, spese processuali, conseguenze

Principio cardine che regola la materia relativa alle spese processuali è il criterio della soccombenza, sancito dall’art. 91 c.p.c., laddove prevede che il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell’altra parte e ne liquida l’ammontare insieme con gli onorari di difesa. E’ poi dirimente la considerazione che l’individuazione del soccombente si compie in base al principio di causalità, con la conseguenza che parte obbligata a rimborsare alle altre le spese anticipate nel processo è quella che, col comportamento tenuto fuori del processo stesso, ovvero col darvi inizio o resistervi in forme e con argomenti non rispondenti al diritto, abbia dato causa al processo o al suo protrarsi. Al criterio della soccombenza può derogarsi, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., a partire dall’11 dicembre 2014, in caso di reciproca soccombenza, ovvero, “nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti”. La soccombenza reciproca si verifica quando vengono rigettate sia la domanda principale che quella riconvenzionale oppure nell’ipotesi in cui vengono accolte solo alcune delle domande (proposte da un’unica parte) o alcuni capi dell’unica domanda proposta (c.d. soccombenza parziale). In questi casi il Giudice può disporre la irripetibilità delle spese sostenute e/o la compensazione. Ciò posto, va affermato che in caso di decreto ingiuntivo, a seguito dell’opposizione e per le ragioni fatte valere dall’opponente, quale che fossero di merito o di rito, sia stato revocato, la parte vittoriosa risulta essere la parte opponente.

 

Cassazione civile, sezione sesta, ordinanza del 1.4.2019, n. 9035