Covid-19: no alla sospensione ope legis dei termini di pagamento
La normativa emergenziale recentemente introdotta prevede all’art. 3 comma 6 bis del D. L. 23 febbraio 2020, n. 6, convertito con modificazioni dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, che «il rispetto delle misure di contenimento di cui presente decreto è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti» (il comma è stato inserito dall’art. 91 del D. L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla L. 24 aprile 2020, n. 27). Nonostante la carenza allo stato di approfondimenti in dottrina (salvo alcune prime embrionali riflessioni) e la carenza di noti precedenti editi e nonostante qualche incertezza nella stessa formulazione della norma di nuovissimo conio (che tuttavia può verosimilmente assumersi applicabile anche ai rapporti negoziali tra privati, non apparendo dirimente la rubrica della norma «Disposizioni in materia ritardi o inadempimenti contrattuali derivanti dall’attuazione delle misure di contenimento e di anticipazione del prezzo in materia di contratti pubblici», la cui seconda parte sembrerebbe riferita al solo secondo comma dell’art. 91), si deve osservare, innanzitutto, come sia allo stato incerto se in forza di tale disposizione le conseguenze dell’attuale emergenza sanitaria sul sistema produttivo assumano rilevanza in termini generali e astratti, oppure, come parrebbe dalla lettera della disposizione, soltanto per gli specifici effetti del «rispetto delle misure di contenimento» (cd. factum principis). Secondo il suo tenore strettamente letterale, la disposizione parrebbe in effetti avere riguardo non a una generica impossibilità di adempimento in conseguenza della pandemia, ma alla sopravvenuta impossibilità del debitore di adempiere a causa delle restrizioni su di lui gravanti in quanto impostegli dall’autorità e al riguardo nel caso di specie l’attrice ha espressamente escluso che le dette misure ne abbiano sospeso l’attività […].
Pure a superare tale primo dubbio esegetico, assumendo che la disposizione abbia riguardo anche agli effetti indiretti della pandemia, va osservato come appaia nondimeno opinabile, allo stato, l’applicabilità della disposizione de qua nell’ipotesi di incapacità patrimoniale del debitore, posto che la norma trova sicura applicazione nell’ipotesi in cui l’attuale emergenza sanitaria abbia impedito di realizzare la prestazione oggetto di obbligazione (sicché il debitore può legittimamente dichiarare al creditore che gli esiti anche indiretti delle misure di contenimento gli impediscono di eseguire la prestazione, sospendendo il proprio adempimento per tutta la loro durata e sino a che ne siano esauriti gli effetti), mentre è invece dubbio che possa applicarsi in ipotesi di adempimento di obbligazioni pecuniarie, come in prima battuta parrebbe forse escluso dal rinvio all’art. 1218 c.c., che come noto presuppone una oggettiva impossibilità della prestazione e non già una mera impossibilità soggettiva di adempiere per mancanza di liquidità (secondo l’antica massima genus nunquam perit).
In ogni caso, pure a intendere la norma speciale, per ipotesi, come estensiva della fattispecie di cui all’art. 1218 c.c. anche all’impossibilità di adempiere per un’improvvisa e imprevedibile carenza assoluta di liquidità conseguente al rispetto delle misure di contenimento (o, ancora più estensivamente, in conseguenza degli effetti anche indiretti delle dette misure), assumendo che il Legislatore abbia ritenuto che la pandemia renda, in qualche modo, “oggettiva” l’impossibilità di pagamento, va osservato come nel caso di specie il debitore non abbia allegato affatto una effettiva “impossibilità” di adempiere, ma soltanto una condizione di grave difficoltà.
Anche accedendo, dunque, ad una esegesi estensiva della norma, pare evidente come nella valutazione rimessa dalla norma al giudice andrebbe invero tenuta distinta la condizione di effettiva impossibilità (ad esempio del lavoratore autonomo o della piccola impresa che avendo perso per mesi, a causa della pandemia, ogni capacità reddituale sia oggettivamente impossibilitato/a a effettuare un rilevante pagamento), dalle generiche difficoltà di una società che nella specie avrebbe dovuto allegare e provare non un, sia pur rilevante, calo del fatturato, ma la conseguente oggettiva impossibilità di effettuare il pagamento. La norma speciale di cui all’art. 3 comma 6 bis del D. L. n. 6/2020 esonera certamente il debitore dall’onere di provare il carattere imprevedibile e straordinario degli eventi che hanno reso impossibile la prestazione dedotta nel contratto, chiarendo che il rispetto delle misure di contenimento deve essere “sempre valutato” dal giudice, ma non pare prefigurare una generale sospensione ope legis dei termini di pagamento (la quale è stata contemplata dal legislatore, a causa dell’emergenza sanitaria, solo per ipotesi specifiche: versamenti tributari e contributivi, pagamento di rate di leasing, pagamento di rate di mutuo prima casa ecc..). In buona sostanza, se il legislatore avesse voluto attribuire ai debitori una moratoria generalizzata a discapito degli interessi creditori, assumendo che l’attuale emergenza sanitaria legittimi una dilazione dei termini di pagamento per ogni debitore comunque interessato, anche in via indiretta, dalle attuali misure di contenimento e che ne soffra le indubbie conseguenze in termini di riduzione del fatturato, lo avrebbe stabilito espressamente (com’è accaduto, difatti, nella disciplina emergenziale in materia di COVID19 con l’art. 10, comma quarto del D.L. 2 marzo 2020, n. 9, il quale disponeva in modo espresso e univoco, per i soli soggetti residenti, con sede operativa o esercitanti la propria attività nella prima “zona rossa”, di Lodi e dintorni, che «il decorso … dei termini per gli adempimenti contrattuali è sospeso dal 22 febbraio 2020 fino al 31 marzo 2020 e riprende a decorrere dalla fine del periodo di sospensione»). La formulazione invece scelta («il rispetto delle misure di contenimento … è sempre valutata…»), pure nella sua esegesi più ampia pare rinviare ad un contemperamento in concreto degli interessi coinvolti, delle ragioni del debitore e del creditore, verificando le condizioni dei soggetti interessati e in che misura siano colpiti dalle misure di contenimento, con una prudente valutazione dell’effettiva esigibilità della prestazione anche alla luce dei doveri di correttezza e di solidarietà sociale, sulla base dei fatti allegati.
Tribunale di Bologna, ordinanza del 11.5.2020 (scarica ordinanza per esteso)