Covid-19: autodichiarazione falsa resa a P.U. per giustificare lo spostamento non è reato
Non sussistono nemmeno astrattamente i presupposti costituitivi della fattispecie delittuosa di cui all’art. 483 c.p. laddove un privato attesti falsamente uno spostamento, in sede di autodichiarazione imposto dalla normativa emergenziale Covid-19.
L’art. 483 c.p., infatti, incrimina esclusivamente il privato che attesti al pubblico ufficiale “fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità”.
Il riferimento ai “fatti” è contenuto nell’art. 46 DPR 445/2000, il quale consente di comprovare con una semplice dichiarazione del privato “in sostituzione delle normali certificazioni i seguenti stati, qualità personali e fatti”; nel comma 1 dell’art. 47, il quale consente al privato di sostituire l’atto di notorietà con una dichiarazione sostitutiva che abbia ad oggetto “fatti che siano a conoscenza dell’interessato ” (comma l); nel comma 2 della disposizione richiamata che si riferisce, quale contenuto alternativo della dichiarazione del privato, agli “stati, qualità personali e fatti relativi ad altri soggetti di cui egli abbia diretta conoscenza”; infine, nel terzo comma del citato art. 47, il quale prevede che “nei rapporti con la pubblica amministrazione e con i concessionari di pubblici servizi, tutti gli stati, le qualità personali e i fatti non espressamente indicati nell’art. 46 sono comprovati dall’interessato mediante la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà”.
Tribunale di Milano, Ufficio del giudice delle indagini preliminari, provvedimento del 12.3.2021