Cose in custodia e riparto dell’onere probatorio

La responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia prevista dall’art. 2051 cod. civ. ha carattere oggettivo e perché possa configurarsi in concreto è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno arrecato, senza che rilevi al riguardo la condotta del custode e l’osservanza o meno di un obbligo di vigilanza, in quanto la nozione di custodia nel caso rilevante non presuppone né implica uno specifico obbligo di custodire analogo a quello previsto per il depositario, e funzione della norma è, d’altro canto, quella di imputare la responsabilità a chi si trova nelle condizioni di controllare i rischi inerenti alla cosa, dovendo pertanto considerarsi custode chi di fatto ne controlla le modalità d’uso e di conservazione, e non necessariamente il proprietario o chi si trova con essa in relazione diretta. Ne consegue che tale tipo di responsabilità è esclusa solamente dal caso fortuito (da intendersi nel senso più ampio, comprensivo del fatto del terzo e del fatto dello stesso danneggiato), fattore che attiene non già ad un comportamento del custode (che é irrilevante) bensì al profilo causale dell’evento, riconducibile non alla cosa che ne è fonte immediata ma ad un elemento esterno, recante i caratteri dell’imprevedibilità e dell’inevitabilità. L’attore che agisce per il riconoscimento del danno ha, quindi, l’onere di provare l’esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l’evento lesivo, mentre il custode convenuto, per liberarsi dalla sua responsabilità, deve provare l’esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale.

Tribunale di Lecce – Maglie – sentenza del 16.11.2016
…omissis…

In punto di ripartizione dell’onere della prova, infatti, giova ricordare che “La responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia prevista dall’art. 2051 cod. civ. ha carattere oggettivo e perché possa configurarsi in concreto è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno arrecato, senza che rilevi al riguardo la condotta del custode e l’osservanza o meno di un obbligo di vigilanza, in quanto la nozione di custodia nel caso rilevante non presuppone né implica uno specifico obbligo di custodire analogo a quello previsto per il depositario, e funzione della norma è, d’altro canto, quella di imputare la responsabilità a chi si trova nelle condizioni di controllare i rischi inerenti alla cosa, dovendo pertanto considerarsi custode chi di fatto ne controlla le modalità d’uso e di conservazione, e non necessariamente il proprietario o chi si trova con essa in relazione diretta. Ne consegue che tale tipo di responsabilità è esclusa solamente dal caso fortuito (da intendersi nel senso più ampio, comprensivo del fatto del terzo e del fatto dello stesso danneggiato), fattore che attiene non già ad un comportamento del custode (che é irrilevante) bensì al profilo causale dell’evento, riconducibile non alla cosa che ne è fonte immediata ma ad un elemento esterno, recante i caratteri dell’imprevedibilità e dell’inevitabilità. L’attore che agisce per il riconoscimento del danno ha, quindi, l’onere di provare l’esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l’evento lesivo, mentre il custode convenuto, per liberarsi dalla sua responsabilità, deve provare l’esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale” (Cass. civ. n. 4279 del 19.2.2008).

 

Quanto alla posizione del danneggiato, è stato ricordato che “In tema di danno da insidia stradale, quanto più la situazione di pericolo connessa alla struttura o alle pertinenze della strada pubblica è suscettibile di essere prevista e superata dall’utente-danneggiato con l’adozione di normali cautele, tanto più rilevante deve considerarsi l’efficienza del comportamento imprudente del medesimo nella produzione del danno, fino a rendere possibile che il suo contegno interrompa il nesso eziologico tra la condotta omissiva dell’ente proprietario della strada e l’evento dannoso. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione impugnata che, nel ravvisare la responsabilità dell’ente proprietario ex art. 2051 cod. civ. , non aveva tenuto conto della natura interpoderale della strada, peraltro priva di pericoli nella fascia centrale della carreggiata, della velocità non moderata tenuta dal conducente del ciclomotore, in discesa e in corrispondenza di una strettoia e di una semicurva, nonché dell’avvenuto trasporto di un passeggero su ciclomotore omologato per una sola persona)” (Cass. civ., Sez. 3, Sentenza n. 287 del 13/01/2015)”.

 

La prova liberatoria, nel caso di specie, non è stata raggiunta.

 

Le fotografie attestanti la presenza di segnali di pericolo (e la relativa prova orale offerta) nulla dicono sulla condotta di guida dell’attrice: la circostanza che vi fosse il segnale di intersezione a T è estranea alla fattispecie per cui è causa, mentre il mero segnale di limite di velocità non prova che la sig.ra B. abbia tenuto una velocità superiore a quella consentita.

 

D’altro canto le conseguenze della caduta sono state modeste e, quindi, difficilmente sono compatibili con una condotta di guida non prudente: il materiale raccolto, dunque, non consente di presumere una responsabilità del danneggiato.

 

È poi pacifico che al momento del sinistro non vi fossero le barriere di protezione e, secondo quanto riferito dalla teste dd che nel tratto di strada in esame si siano verificati altri eventi simili.

 

In particolare, con riferimento al nesso di causalità è stato ricordato che “In tema di responsabilità civile, qualora l’evento dannoso si ricolleghi a più azioni o omissioni, il problema del concorso delle cause trova soluzione nell’art. 41, cod. pen. – norma di carattere generale, applicabile nei giudizi civili di responsabilità – in virtù del quale il concorso di cause preesistenti, simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall’omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra dette cause e l’evento, essendo quest’ultimo riconducibile a tutte, tranne che si accerti l’esclusiva efficienza causale di una di esse. In particolare, in riferimento al caso in cui una delle cause consista in una omissione, la positiva valutazione sull’esistenza del nesso causale tra omissione ed evento presuppone che si accerti che l’azione omessa, se fosse stata compiuta, sarebbe stata idonea ad impedire l’evento dannoso ovvero a ridurne le conseguenze, non potendo esserne esclusa l’efficienza soltanto perché sia incerto il suo grado di incidenza causale. (Nella specie, concernente un decesso derivato da incidente stradale occorso su un’autostrada e concretizzatosi nell’uscita di un autoveicolo da carreggiata priva di guard-rail e nel successivo ribaltamento del veicolo medesimo con arresto della sua corsa in un raccoglitore di acqua piovana posto a soli otto metri dalla carreggiata stessa e privo di protezione, la S.C. ha cassato la sentenza di merito – che aveva escluso la responsabilità della società concessionaria dell’autostrada, sul presupposto che il conducente avesse comunque mancato di tenere una velocità adeguata – affermando che la marcia in autostrada giustifica una velocità necessariamente sostenuta e che il raccoglitore dell’acqua piovana, soprattutto se posto vicino alla carreggiata, deve essere munito di idonea protezione)” (Cass. Civ., sez. 3, Sentenza n. 2360 del 02/02/2010).

 

Nel caso in esame è stato accertato che l’assenza del guard rail provocò la caduta della sig.rsss. nella parte sottostante, causando le lesioni personali. Il CTU, dr. Casssso, ha infatti chiarito che, se vi fosse stato il guard rail, l’attrice non avrebbe riportato alcun danno alla persona.

 

In ragione di un tanto, se anche si volesse ritenere che la sig.ssss abbia tenuto una condotta di guida non prudente, dovrebbe comunque riconoscersi la responsabilità esclusiva della Provincia: le lesioni personali, infatti, sono state determinate unicamente dall’assenza del guard rail (se la barriera vi fosse stata, il danno non si sarebbe verificato).

 

Si riconosce dunque la responsabilità esclusiva della Provincia nella determinazione dell’evento per cui è causa.

 

Nel calcolo del danno si applicano le Tabelle del Tribunale di Milano, poiché “In tema di danno biologico è precluso il ricorso in via analogica al criterio di liquidazione del danno non patrimoniale da micropermanente derivante dalla circolazione di veicoli a motore e natanti ovvero mediante il rinvio al decreto emanato annualmente dal Ministro delle attività produttive, mentre è congruo il riferimento ai valori inclusi nella tabella elaborata, ai fini della liquidazione del danno alla persona, dal Tribunale di Milano, in quanto assunti come valore “equo”, in grado di garantire la parità di trattamento in tutti i casi in cui la fattispecie concreta non presenti circostanze idonee ad aumentarne o a ridurne l’entità. (Principio enunciato con riferimento al risarcimento del danno connesso all’aggravamento delle condizioni di salute, derivato dall’adibizione del ricorrente, avente qualifica di operaio, ad attività lavorative incompatibili con la patologia di cui era affetto, nota all’ente pubblico datore di lavoro)” (Cass. sez. L, Sentenza n. 13982 del 07/07/2015).

 

Quanto all’ammontare del danno non patrimoniale, si può fare integrale e sicuro riferimento alle risultanze della CTU a firma del dr. dddddd

 

Tali risultanze appaiono invero tratte a seguito dei più opportuni accertamenti e di una accurata disamina dei fatti in contestazione e si presentano condotte con corretti criteri e con iter logico ineccepibile. Né le critiche mosse da parte attrice si ritengono idonee a superare l’accertamento del CTU, tenendo conto delle risposte puntuali rese dal perito.

 

Il CTU ha in particolare accertato che la sig.ra sssssssha subito, a seguito dell’incidente, i traumi indicati nella relazione, riportando:

 

– inabilità temporanea al 100% per giorni 70;

 

– inabilità temporanea parziale al 50% di 30 gg.;

 

– inabilità temporanea parziale al 25% di 50 gg.;

 

– esiti permanenti nella misura del 8% .

 

Non permane alcun dubbio sul nesso di causalità tra l’evento e tutte le conseguenze accertate in perizia, in ragione dei chiarimenti resi dal CTU.

 

Sulla base di tali dati si può dunque procedere alla quantificazione del danno.

 

Si ritiene dunque di dover liquidare, in via necessariamente equitativa, tenuto conto del fatto che all’epoca del sinistro la danneggiata aveva 37 anni compiuti, l’importo di Euro 15.569,00 (valore attualizzato), applicando la tabella del Tribunale di Milano e considerando la componente standard di personalizzazione di cui alle tabelle indicate.

 

Nell’ambito del danno biologico, ma con autonoma liquidazione, deve poi farsi rientrare il periodo di incapacità temporanea relativa sofferto dall’istante, non potendosi pretermettere la valutazione degli effetti prodotti medio tempore dalle menomazioni sulla complessiva validità del soggetto leso.

 

L’entità della diaria è riconosciuta in Euro 96,00.

 

A tale riguardo si liquida, parimenti in via equitativa ed a valore attualizzato, con applicazione delle tabelle del Tribunale di Milano, l’ulteriore somma di Euro 9.360,00, così determinata:

 

– Euro 96 x 70 = Euro 6.720,00

 

– Euro 96 x 30 x 50% = Euro 1.440,00;

 

– Euro 96 x 50 x 25% = Euro 1.200,00.

 

Complessivamente il danno non patrimoniale va quantificato in Euro 24.929,00. Per tutte le componenti si ritiene esaustiva la liquidazione di cui sopra, senza procedere ad ulteriore personalizzazione: le vicende dedotte dalla parte attrice sono infatti tutte incluse nella valutazione poste alla base delle Tabelle del Tribunale di Milano, con la personalizzazione standard ivi prevista.

 

Non sono documentate spese mediche e, dunque, non se ne riconosce l’importo.

 

Per tutti gli importi di cui sopra, vanno applicati interessi e rivalutazione monetaria, secondo i principi enunciati dalla Cassazione: “In tema di responsabilità extracontrattuale da fatto illecito, sulla somma riconosciuta al danneggiato a titolo di risarcimento occorre che si consideri, in sede di liquidazione, oltre alla svalutazione (che ha la funzione di ripristinare la situazione patrimoniale del danneggiato antecedente alla consumazione dell’illecito: cd. danno emergente), anche il nocumento finanziario (lucro cessante) subito a causa della mancata, tempestiva disponibilità della somma di denaro dovuta a titolo di risarcimento (somma che, se tempestivamente corrisposta, avrebbe potuto essere investita per lucrarne un vantaggio finanziario). Qualora tale danno sia liquidato con la tecnica degli interessi, questi non vanno calcolati né sulla somma originaria, né sulla rivalutazione al momento della liquidazione, ma debbono computarsi o sulla somma originaria via via rivalutata anno per anno ovvero sulla somma originaria rivalutata in base ad un indice medio, con decorrenza (a differenza che nell’ipotesi di responsabilità contrattuale) dal giorno in cui si è verificato l’evento dannoso” (Cass. Civ., Sez. 3, Sentenza n. 5054 del 03/03/2009).

 

Nel caso di specie, in particolare, si applica la rivalutazione annuale.

 

Va poi riconosciuto il danno al mezzo, visibile nelle foto allegate in atti, quantificato in via equitativa in Euro 700,00 (tenendo conto dello stato della vettura e del valore di essa).

 

L’importo così liquidato si intende comprensivo degli accessori maturati sino ad oggi.

 

La domanda è accolta nei limiti sopra indicati.

 

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo. Le spese di CTU sono poste in via definitiva a carico di parte convenuta.

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Il Tribunale di Lecce – ex Sezione distaccata di Maglie, definitivamente pronunciando nella causa N dddddd, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa:

 

1. Accertata la responsabilità della Provincia di Lecce, la condanna al risarcimento del danno in favore della sig.ddddd liquidato in Euro 24.929,00 per danno non patrimoniale, oltre accessori come in parte motiva, ed in Euro 700,00 per danno al mezzo, inclusi accessori maturati ad oggi; il tutto oltre interessi legali dalla data odierna al soddisfo;

 

2. Condanna parte convenuta alla refusione delle spese di lite in favore di parte attrice, liquidate in Euro 7.254,00 per compenso ed Euro 680,00 per spese, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge, con distrazione in favore dell’avvdddd e dddd, che hanno reso la dichiarazione di rito;

 

3. Pone le spese per la consulenza tecnica medico-legale in via definitiva a carico di parte convenuta.

 

Così deciso in Lecce, il 15 novembre 2016.

 

Depositata in Cancelleria il 16 novembre 2016.