Controversie in materia di locazione: quali conseguenze produce l’omissione nel cambiamento del rito?

Con riferimento alle controversie in materia di locazione di cui all’art. 447 bis c.p.c. va confermato il principio in forza del quale l’omissione nel cambiamento del rito (tanto da speciale ad ordinario, quanto da ordinario a speciale) non produce – di per sé – l’inesistenza o la nullità del processo né della sentenza. Perché essa assuma rilevanza invalidante occorre infatti che la parte che se ne dolga in sede di impugnazione indichi il suo fondato interesse alla rimozione di uno specifico pregiudizio processuale da essa concretamente subito per effetto della mancata adozione del rito diverso. Ciò perché l’individuazione del rito nel caso di specie non deve essere considerata fine a se stessa, ma soltanto nella sua idoneità ad apprezzabilmente incidere sul diritto di difesa, sul contraddittorio e, in generale, sulle prerogative processuali protette della parte (La tesi contraria – secondo cui per denunziare il mancato cambiamento del rito non andrebbe dedotto alcuno specifico e concreto pregiudizio alla propria posizione processuale causalmente ricollegabile al mancato mutamento del rito, in quanto tale pregiudizio sarebbe in re ipsa – non può trovare ingresso, in quanto basata su una concezione formalistica del processo; astrattamente volta ad immancabilmente ricollegare il danno processuale non già ad un reale pregiudizio della parte, ma alla mera irregolarità costituita dalla disapplicazione della norma che prevede il mutamento del rito; del tutto avulsa dai parametri, oggi recepiti anche in ambito costituzionale e sovranazionale, di effettività, funzionalità e celerità dei modelli procedurali) [Cassazione civile, sezione terza, sentenza del 27.1.2015, n. 1448].

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