Contratto tra avvocato e cliente e clausole abusive

La dir. 93/13/CEE (mod. dalla dir. 2011/83/UE) deve essere interpretata nel senso che: essa osta a una normativa nazionale relativa a un procedimento sommario per il pagamento di onorari di avvocato in forza della quale la domanda proposta nei confronti del cliente consumatore costituisce oggetto di una decisione emessa da un’autorità non giurisdizionale e l’intervento di un giudice è previsto solo nella fase dell’eventuale ricorso avverso detta decisione, senza che il giudice adito in tale occasione possa controllare, se necessario d’ufficio, se le clausole contenute nel contratto all’origine degli onorari richiesti abbiano carattere abusivo, né ammettere la produzione, ad opera delle parti, di prove diverse da quelle documentali già fornite dinanzi all’autorità non giurisdizionale.

L’art. 4, par. 2, dir. 93/13 (mod. dalla dir. 2011/83/UE) deve essere interpretato nel senso che: non rientra nell’eccezione prevista in tale disposizione una clausola di un contratto stipulato tra un avvocato e il suo cliente ai sensi della quale il cliente si impegna a seguire le istruzioni di tale avvocato, a non agire all’insaputa o contro il parere di quest’ultimo e a non rinunciare egli stesso agli atti del procedimento giudiziario per il quale si è avvalso dell’assistenza di detto avvocato, pena il versamento di una penalità pecuniaria.

La dir. 2005/29/CE deve essere interpretata nel senso che l’inserzione, in un contratto stipulato tra un avvocato e il suo cliente, di una clausola che preveda una penalità pecuniaria a carico di quest’ultimo nel caso in cui egli stesso rinunci agli atti del procedimento giudiziario per il quale si è avvalso dell’assistenza di detto avvocato, clausola che operi un rinvio al tariffario di un ordine professionale e non sia stata menzionata né nell’offerta commerciale né nell’ambito delle informazioni preliminari alla stipula del contratto, deve essere qualificata come pratica commerciale «ingannevole» ai sensi dell’articolo 7 di tale direttiva, sempreché essa induca o sia idonea ad indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso, circostanza che spetta al giudice nazionale verificare.

Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sezione nona, sentenza del 22.9.2022 (causa C335/21)