Contratto di patrocinio e procura alle liti, differenze; obbligazioni dell’avvocato, responsabilità civile, oneri probatori; conferimento dell’incarico e mandato per agire in sede di legittimità

Mentre la procura alle liti è un negozio unilaterale col quale il difensore viene investito del potere di rappresentare la parte in giudizio, il contratto di patrocinio è un negozio bilaterale col quale il professionista viene incaricato di svolgere la sua opera secondo lo schema del mandato. Le conseguenze in tema di forma e di prova sono le seguenti. Non si può escludere che il rilascio di una procura alle liti assolva all’onere di forma eventualmente richiesto per il contratto ed, al contempo, ne fornisca la prova. Però, di norma, ai fini della conclusione del contratto di patrocinio, non è indispensabile il rilascio di una procura ad litem, essendo questa necessaria solo per lo svolgimento dell’attività processuale, e non è richiesta la forma scritta, vigendo per il mandato il principio di libertà di forma. Nè rileva, ai fini della conclusione del contratto di patrocinio, il versamento, anticipato o durante lo svolgimento del rapporto professionale, di un fondo spese o di un anticipo sul compenso, sia perchè il mandato può essere anche gratuito, sia perchè, in caso di mandato oneroso, il compenso e l’eventuale rimborso delle spese sostenute possono essere richiesti dal professionista durante lo svolgimento del rapporto o al termine dello stesso.

In base alla regola di riparto dell’onere della prova in materia contrattuale di cui all’art. 1218 c.c., incombe al cliente l’onere di dare la prova del conferimento dell’incarico; incombe al professionista l’onere di provare l’adempimento delle prestazioni, con la diligenza richiesta dall’art. 1176 c.c., comma 2.

Quanto alle obbligazioni derivanti al professionista avvocato dalla stipulazione di un contratto, col quale gli sia stato affidato, ai sensi degli artt. 2230 e 2236 c.c., l’incarico di seguire il cliente ai fini dell’instaurazione di un giudizio, valgono i seguenti principi. L’avvocato deve assolvere sia all’atto del conferimento del mandato che nel corso dello svolgimento del rapporto, anche ai doveri di sollecitazione, dissuasione ed informazione del cliente, essendo tenuto a rappresentare a quest’ultimo tutte le questioni di fatto e di diritto, comunque insorgenti, ostative al raggiungimento del risultato, o comunque produttive del rischio di effetti dannosi; di richiedergli gli elementi necessari o utili in suo possesso; a sconsigliarlo dall’intraprendere o proseguire un giudizio dall’esito probabilmente sfavorevole. L’avvocato, nell’adempimento della propria prestazione professionale, è tenuto ad informare il cliente sulle conseguenze del compimento o del mancato compimento degli atti del processo, e, se del caso, a sollecitarlo nel compimento di essi ovvero, sussistendo le condizioni, a dissuaderlo della loro esecuzione.

Qualora il cliente abbia fornito la prova della conclusione del contratto di patrocinio, con il conferimento dell’incarico all’avvocato di proporre azione in giudizio in primo ed in secondo grado, non è necessario il conferimento di ulteriore mandato per agire in sede di legittimità, della cui prova sia gravato il cliente. La sola circostanza che questi non abbia rilasciato la procura speciale richiesta allo scopo non esclude la responsabilità del professionista per mancata tempestiva proposizione del ricorso, gravando sull’avvocato l’onere di provare di aver sollecitato il cliente a fornire indicazioni circa la propria intenzione di proporre o meno ricorso per cassazione avverso la sentenza sfavorevole di secondo grado e di averlo informato di questo esito e delle conseguenze dell’omessa impugnazione, nonchè l’onere di provare di non aver agito in sede di legittimità per fatto a sè non imputabile (quale il rifiuto di impugnare o di sottoscrivere la procura speciale da parte del cliente) ovvero per la sopravvenuta cessazione del rapporto contrattuale.

 

Cassazione civile, sezione terza, sentenza del 23.3.2017, n. 7410