Contratto di locazione e sopravvenienza Covid-19: sì all’obbligo di rinegoziazione
Qualora si ravvisi una sopravvenienza nel sostrato fattuale e giuridico che costituisce il presupposto della convenzione negoziale, quale quella determinata dalla pandemia del Covid-19, la parte che riceverebbe uno svantaggio dal protrarsi della esecuzione del contratto alle stesse condizioni pattuite inizialmente deve poter avere la possibilità di rinegoziarne il contenuto, in base al dovere generale di buona fede oggettiva (o correttezza) nella fase esecutiva del contratto (art. 1375 c.c.). Orbene, sulla questione dell’ammissibilità di un’azione riduzione in via equitativa dei canoni di locazione in ragione del mancato rispetto dei canoni di buona fede e correttezza, proposta in via principale senza previa domanda di risoluzione per sopravvenuta eccessiva onerosità, si rileva come secondo un diffuso orientamento dottrinale condiviso da questo giudice, la buona fede può essere utilizzata anche con funzione integrativa cogente nei casi in cui si verifichino dei fattori sopravvenuti ed imprevedibili non presi in considerazione dalle parti al momento della stipulazione del rapporto, che sospingano lo squilibrio negoziale oltre l’alea normale del contratto. Nello specifico, secondo il citato orientamento, le suddette circostanze vengono a verificarsi nel caso dei cosiddetti contratti relazionali implicanti un rapporto continuativo tra le parti e che mal tollerano la risoluzione del contratto. All’interno della suddetta categoria sembrano poter rientrare anche i contratti di locazione di beni immobili per l’esercizio di attività produttive. In tal caso, infatti, l’eventuale risoluzione del contratto per eccessiva sopravvenuta onerosità comporterebbe inevitabilmente la perdita dell’avviamento per l’impresa colpita dall’eccessiva onerosità e la conseguente cessazione dell’attività economica. In siffatte ipotesi sorge, pertanto, in base alla clausola generale di buona fede e correttezza, un obbligo delle parti di contrattare al fine di addivenire ad un nuovo accordo volto a riportare in equilibrio il contratto entro i limiti dell’alea normale del contratto. La clausola generale di buona fede e correttezza, invero, ha la funzione di rendere flessibile l’ordinamento, consentendo la tutela di fattispecie non contemplate dal legislatore.
Tribunale Ordinario di Roma, sezione sesta civile, ordinanza del 27.8.2020