Consiglio di Stato: interpretazione letterale è criterio ermeneutico primario in base ad una scala di priorità (IL ≥ IR ≥ AL ≥ AI)
In base all’art. 12 delle Disposizioni preliminari al codice civile (cd. Preleggi), “Nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore.
Se una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe; se il caso rimane ancora dubbio, si decide secondo i principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato”.
Da tale norma sono stati individuati vari criteri di interpretazione della legge (letterale, sistematico, estensivo, per analogia), in base ad una scala di priorità, in quanto il criterio ermeneutico primario è considerato quello letterale, che deve essere applicato quando il significato sia chiaro e univoco.
Solo qualora la lettera della norma risulti ambigua, si può fare ricorso al criterio ermeneutico sussidiario costituito dalla ricerca della volontà del legislatore, che però deve emergere dall’esame complessivo del testo non essendo consentito all’interprete correggere la norma nel significato tecnico proprio delle espressioni che la compongono nell’ipotesi in cui ritenga che tale effetto sia solo inadatto rispetto alla finalità pratica cui la norma stessa è intesa, in particolare all’intenzione del legislatore, in base ad un’interpretazione logica, può darsi rilievo solo nell’ipotesi che tale significato non sia già chiaro ed univoco.
Quando l’interpretazione letterale è chiara ed univoca, non si può far riferimento né alla volontà del legislatore, né tanto meno a principi generali dell’ordinamento, tratti da altre fonti normative, essendo questo un criterio interpretativo ulteriormente sussidiario.