Cause legittime di prelazione: solo la legge, con valutazione assiologica, può incidere sui valori espressi dalla regola della par condicio creditorum

Le cause legittime di prelazione costituiscono eccezioni alla regola generale, enunciata dall’art. 2741 cod. civ., per la quale i creditori hanno uguale diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore, accordando preferenza a quei crediti che, in ragione della causa o delle qualità del titolare, esigano una tutela particolare. L’efficienza di un sistema siffatto è garantita dall’equilibrio tra la regola della parità dei creditori e l’eccezione del regime preferenziale, giacché l’indiscriminata proliferazione dei privilegi potrebbe vanificare la stessa funzionalità del trattamento privilegiato.

A presidio di tale meccanismo, è posto il principio di legalità, in forza del quale solo la legge può incidere, in base ad una nuova valutazione assiologica, sull’ordine di valori espresso dalla regola della par condicio creditorum, selezionando le cause del credito che, ai sensi dell’art. 2745 cod. civ., rappresentino la ragione giustificatrice della creazione di nuovi privilegi.

Ciò posto, poiché non è possibile individuare una ratio che trascenda ed unifichi le figure di privilegio previste nell’ordinamento, la Corte non può sindacare una disposizione, che, istituendo il privilegio, accordi protezione ad un determinato interesse, sul presupposto che la stessa disciplina non tuteli un interesse di uguale o più rilevante valore, ma deve limitarsi a verificare la mancata inclusione in essa di fattispecie omogenee a quelle cui la causa di prelazione è riferita e, dunque, a compiere un’estensione logicamente necessitata.

Occorre, altresì, considerare che il privilegio esprime una nozione relazionale perché, quale criterio di preferenza, pone in comparazione il credito preferito e quello sacrificato.

Per tale ragione, esso va riguardato tenendo conto delle norme che regolano i rapporti tra i crediti che ne sono muniti, ossia della loro graduazione, sicché l’attribuzione del rango privilegiato ad un credito non può essere disgiunta dalla sua collocazione nell’ordine dei privilegi, la quale involge, a propria volta, valutazioni necessariamente rimesse alla discrezionalità del legislatore.

Corte costituzionale, sentenza del 21.04.2022, n. 101

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