Azione per il riconoscimento del compenso per lavoro straordinario, oneri probatori

L’affermazione secondo cui spetta al lavoratore, il quale chieda il riconoscimento del compenso per lavoro straordinario, fornire la prova positiva dell’esecuzione della prestazione lavorativa oltre i limiti, legalmente o contrattualmente previsti, costituisce proiezione del principio guida di cui all’art. 2697 c.c., configurandosi lo svolgimento di lavoro “in eccedenza” rispetto all’orario normale quale fatto costitutivo della pretesa azionata. La relativa prova, di conseguenza, va fornita in modo pieno e rigoroso dal lavoratore, su cui grava l’onere di provare non solo lo svolgimento di lavoro straordinario, ma anche la sua effettiva consistenza, senza che l’assenza di tale prova possa esser supplita dalla valutazione equitativa del giudice. In effetti, a norma dell’art. 432 c.p.c., i presupposti per la valutazione equitativa del giudice ricorrono soltanto nella misura in cui sia certo il diritto, ma non sia possibile determinare la somma dovuta in base al diritto accertato. Va al riguardo rimarcato il particolare rigore da osservare nell’accertamento del fatto costitutivo, specificando che il lavoratore che agisca per ottenere il compenso per il lavoro straordinario ha l’onere di dimostrare di aver lavorato oltre l’orario normale di lavoro e, ove egli riconosca di aver ricevuto una retribuzione, ma ne deduca l’insufficienza, è altresì tenuto a provare il numero di ore effettivamente svolto, senza che eventuali – ma non decisive – ammissioni del datore di lavoro siano idonee a determinare una inversione dell’onere della prova.

Tribunale di Roma, sentenza del 21.6.2021