Avvocatura dello Stato – Università – derogabilità – sussistenza

Ai sensi del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 43 – come modificato dalla L. 3 aprile 1979, n. 103, art. 11 – la facoltà per le Università statali di derogare, “in casi speciali” al “patrocinio autorizzato” spettante ex lege all’Avvocatura dello Stato, per avvalersi dell’opera di liberi professionisti, è subordinata all’adozione di una specifica e motivata deliberazione dell’ente (i.e. del Rettore) da sottoporre agli organi di vigilanza per un controllo di legittimità (i. e. Consiglio di amministrazione). Come regola generale, la mancanza di tale controllo determina la nullità del mandato alle liti, non rilevando che esso sia stato conferito con le modalità prescritte dal Regolamento o dallo Statuto dell’Università, le quali sono fonti di rango secondario insuscettibili di derogare alla legislazione primaria. Però nei casi in cui ricorra una vera e propria urgenza, ai sensi del R.D. n. 1592 del 1933, art. 12, il Rettore, nella qualità di Presidente del Consiglio d’amministrazione, può provvedere direttamente al conferimento dell’incarico all’avvocato del libero foro, purchè curi di far approvare sollecitamente la relativa delibera dal Consiglio di amministrazione, così sanando la originaria irregolarità. Inoltre, in base al citato art. 43, è valido il mandato conferito ad avvocati del libero foro con il solo provvedimento del Rettore non seguito dal vaglio del Consiglio di amministrazione nel caso in cui si verifichi in concreto un conflitto di interessi sostanziali tra più enti pubblici che sono parti nel medesimo giudizio. Infatti, la presenza di un simile conflitto di interessi – che deve essere reale, non meramente ipotetico e documentato – rende non ipotizzabile il patrocinio dell’Avvocatura dello Stato in favore dell’Università, sicchè non vi è alcuna ragione di richiedere la suindicata preventiva autorizzazione.

 

Cassazione civile, sezioni unite, sentenza del 20.10.2017, n. 24876