Autonomia tra danno biologico e morale, riflessi processuali: il danno morale deve formare oggetto di separata allegazione, valutazione e liquidazione

Va riconosciuta un’ interna autonomia alle diverse voci di danno non patrimoniale, valevole sul piano processuale, oltre che ontologico, per evitare duplicazioni di voci risarcitorie, o ancor peggio automatismi e appiattimenti decisionali ovvero anche, infine, violazioni del principio del contraddittorio; il “danno biologico” risulta quindi un danno ontologicamente distinto e con presupposti giuridici e probatori assolutamente diversi rispetto al danno morale il quale, infatti, è un “danno interiore e riflesso”, in quanto attiene alla sfera interna del danneggiato ed alla sua sensibilità emotiva (diversamente, il danno biologico è un “danno esteriore” che attiene alla sfera relazionale del soggetto, proprio in quanto attiene alla lesione dell’integrità psicofisica del danneggiato). Così, non costituisce duplicazione la congiunta attribuzione di una ulteriore somma a titolo di risarcimento del pregiudizio morale, essendo inerente alla sofferenza interiore o psichica che il soggetto ha subito per effetto della lesione. Da questa autonomia strutturale, ne deriva che, ove sia dedotta e provata l’esistenza di uno di tali pregiudizi, inerenti alla sfera interiore o psichica della persona, non aventi base medico-legale, essi dovranno formare oggetto di separata allegazione, valutazione e liquidazione. Non c’è, dunque, automatismo tra danno biologico e danno morale, anche quando il danno biologico attiene alla sfera psichica del soggetto, e dunque entrambi vanno allegati e provati nell’ambito del giusto contraddittorio tra le parti.

Cassazione civile, sezione terza, ordinanza del 20.4.2020, n. 7964