Attivo fallimentare e stipendio

Secondo il disposto della L. Fall., art. 46, comma 1, n. 2, è sottratto, all’attivo fallimentare soltanto la parte dello stipendio (o pensione, o salario, o provento dell’attività lavorativa del fallito) occorrente per il mantenimento del fallito e della sua famiglia e che il fallito ha un vero e proprio diritto a detta parte degli emolumenti di cui si è detto. Al riguardo va dunque confermato che la citata norma delimita il perimetro dei beni del fallito non compresi nel fallimento in relazione alla necessità del mantenimento del fallito stesso e della sua famiglia, non potendo, pertanto, essere acquisita alla massa l’integralità delle somme che il primo percepisce a seguito dello svolgimento della sua attività lavorativa, essendone la concreta determinazione affidata alla discrezionalità del giudice delegato in forza della semplice richiesta del curatore fallimentare, non essendo necessaria apposita istanza del fallito medesimo. Ne discende che la tesi (nella specie sostenuta dal fallito) circa il divieto a destinare tutto lo stipendio a favore della massa, non trova riscontro né nella norma in esame, che si limita ad attribuire al giudice del merito un potere discrezionale volto ad accertare quanto occorra per il mantenimento suo e della famiglia, da esercitare caso per caso alla luce delle concrete emergenze afferenti, né nei precedenti giurisprudenziali che all’esercizio di tale potere discrezionale fanno riferimento.

Cassazione civile, sezione sesta, ordinanza del 11.6.2020, n. 11185