Associazione professionale, autonomo centro di imputazione giuridica; parcella presentata al cliente, successiva richiesta di pagamento maggiore sulla base di nuova parcella

L’art. 36 c.c. stabilisce che l’ordinamento interno e l’amministrazione delle associazioni non riconosciute sono regolati dagli accordi tra gli associati, che ben possono attribuire all’associazione la legittimazione a stipulare contratti e ad acquisire la titolarità di rapporti, poi delegati ai singoli aderenti e da essi personalmente curati. Ne consegue che, ove il giudice del merito accerti tale circostanza, sussiste la legittimazione attiva dello studio professionale associato – cui la legge attribuisce la capacità di porsi come autonomo centro d’imputazione di rapporti giuridici – rispetto ai crediti per le prestazioni svolte dai singoli professionisti a favore del cliente conferente l’incarico, in quanto il fenomeno associativo tra professionisti può non essere univocamente finalizzato alla divisione delle spese ed alla gestione congiunta dei proventi.

 La parcella per il pagamento dei compensi non ha carattere vincolante salvo che la stessa sia conforme ad un pregresso accordo o espressamente accettata dal cliente. Di conseguenza qualora il professionista, dopo aver presentato al proprio cliente una parcella per il pagamento dei compensi spettanti, redatta in conformità ai minimi tabellari, richieda, successivamente, per le stesse attività un pagamento maggiore sulla base di una nuova parcella, il giudice del merito, richiesto della liquidazione, salva l’ipotesi in cui la prima parcella abbia carattere vincolante in quanto conforme ad un pregresso accordo o espressamente accettata dal cliente, ben può valutare se esistono elementi – discrezionalmente apprezzabili – che facciano ritenere giustificata e legittima la maggiore richiesta, fermo restando il necessario apprezzamento di congruità degli onorari richiesti sulla base ed in funzione dei parametri previsti dalla tariffa professionale, il quale, se adeguatamente motivato, non è sindacabile in sede di legittimità.

 

Cassazione civile, sezione seconda, sentenza del 2.2.2018, n. 2575