Assegno divorzile, no al revirement del 2017, sì al tenore di vita matrimoniale e al contributo concreto dato alla vita familiare: funzione compensativa come stella polare per la quantificazione dell’assegno

Il nuovo orientamento espresso da 11504/2017 (c.d. revirement sull’assegno divorzile) va valutato con estrema prudenza: tanto sia per le ragioni di merito (che si esporranno), sia perché ad esso non può riconoscersi valore di precedente significativo (in quanto indirizzo espresso da sezioni semplici che disattende – in contrasto con l’art. 374, comma 3, c.p.c.– un insegnamento delle Sezioni Unite divenuto “diritto vivente”; nonché in considerazione della questione in discorso rimessa alle di recente alle Sezioni Unite. Premesso che deve negarsi che le due fasi (an debeatur e quantum) siano davvero rigidamente contrapposte (essendo invece due facce della stessa medaglia, con la conseguenza che i criteri di cui alla prima parte dell’art. 5, comma 6, l. 898/1979 importano in sé l’intero giudizio di determinazione dell’assegno divorzile; e ciò già alla luce del tenore letterale della disposizione), va affermato quanto segue, alla luce della considerazione che l’apprezzamento integrale e non limitato dei parametri normativi in parola conferma la piena rilevanza giuridica della comune esperienza di vita e di interessi da parte dei coniugi.

La tesi della sola funzione assistenziale dell’assegno rischia di risolversi in un immane pregiudizio per i soggetti più deboli (in concreto, spesso le mogli) che, godendo di un modesto reddito, non avranno diritto all’assegno, nonostante una vita dedicata alla famiglia e a fronte dei mariti in condizioni economiche (anche grazie all’impegno economico delle mogli) ben più abbienti. È allora essenziale riconoscere, accanto alla funzione assistenziale dell’assegno divorzile, quella compensativa (che tiene conto del contributo concreto che il coniuge ha apportato alla vita familiare), stella polare e criterio direttivo in tema di determinazione e quantificazione dell’assegno divorzile (con particolare riferimento ai matrimoni di lunga durata, valorizzando – ex artt. 2, 3 e 39 Cost. – il contributo, un vero e proprio “investimento”, dato alla vita della famiglia: funzione perequativa/distributiva e compensativa). Di qui la perdurante rilevanza al tenore di vita matrimoniale (criterio che pur non espressamente richiamato dalla norma cit. è immanente, in quanto sintesi verbale di tutti i parametri che da essa emergono); conservazione del tenore di vita che, solo, assicura il rispetto delle aspettative legittime legate alla pregressa comunità familiare di vita, in dipendenza del dispiegarsi del principio paritario.

 

Corte di appello di Napoli, sentenza del 22.2.2018, n. 911