Assegno divorzile, funzione compensativa, onere della prova: non basta limitarsi a chiedere un accertamento della Polizia Tributaria

Dichiarato lo scioglimento del matrimonio tra i coniugi, va affermato che ciascun coniuge provvederà al proprio mantenimento qualora (dalla documentazione in atti e dalle richieste istruttorie formulate dalle parti) non sia stata data una prova sufficiente della sussistenza dei presupposti per il versamento dell’assegno divorzile che, come è noto, è dovuto, secondo l’orientamento più recente della Corte di Cassazione a sezioni unite (11 luglio 2018, n. 18287) non dipende soltanto dalla mancanza di autosufficienza economica in chi lo richiede o, come voleva una costante giurisprudenza, dall’esigenza di consentire al coniuge privo di “mezzi adeguati” il ripristino del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio ma in ogni caso in cui si tratta di porre rimedio allo squilibrio esistente nella situazione economico-patrimoniale delle parti le cui cause risalgono al vissuto della coppia coniugale, dando in tal modo il giusto rilievo alle scelte e ai ruoli che hanno caratterizzato la vita familiare. L’assegno diventa lo strumento che, adempiendo a una funzione compensativa, consente al coniuge più debole di ricevere quanto ha dato durante il matrimonio. In particolare, non il detto onere della prova non risulta adempiuto qualora non si sia né chiesto di dare alcuna prova in tal senso, essendocisi limitati a chiedere un accertamento della Polizia Tributaria, e i risultanti dalla documentazione in atti non siano tali da prospettare uno squilibrio economico tra i due coniugi.

 

Tribunale di Civitavecchia, sentenza del 10.8.2018, n. 699