Appello fondato su argomentazioni delle quali il Tribunale aveva evidenziato la palese e oggettiva infondatezza: condanna per responsabilità processuale aggravata

Va confermato l’orientamento per cui la condanna ex art. 96, comma 3, c.p.c., applicabile d’ufficio in tutti i casi di soccombenza, configura una sanzione di carattere pubblicistico, autonoma ed indipendente rispetto alle ipotesi di responsabilità aggravata ex art. 96, commi 1 e 2, c.p.c. e con queste cumulabile, volta – con finalità deflattive del contenzioso – alla repressione dell’abuso dello strumento processuale; la sua applicazione, pertanto, non richiede, quale elemento costitutivo della fattispecie, il riscontro dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, bensì di una condotta oggettivamente valutabile alla stregua di “abuso del processo”, quale l’aver agito o resistito pretestuosamente (nella specie sussistono i presupposti della responsabilità aggravata in capo all’appellante, a norma dell’art. 96, 3° comma, c.p.c., per aver proposto una impugnazione fondata su argomentazioni delle quali il Tribunale aveva evidenziato la palese e oggettiva infondatezza, viepiù insistendo sull’efficacia in questo di giudizio di un decreto penale revocato a seguito dell’introduzione del giudizio di merito e peraltro, ingiustamente emesso, stante la sopravvenuta assoluzione dell’imputato con la formula più ampia (insussistenza del fatto).

Corte di appello di Bari, sentenza del 20.7.2023