Alienazione genitoriale, Italia condannata a risarcire il danno morale: adottate misure automatiche e stereotipate senza sforzi adeguati e sufficienti per far rispettare il diritto di visita
Va affermato che le autorità (italiane) non hanno dimostrato la diligenza necessaria nel caso di specie e sono rimaste al di sotto di quello che si poteva ragionevolmente attendere da loro. In particolare, i giudici nazionali non hanno adottato le misure idonee per creare le condizioni necessarie per la piena realizzazione del diritto di visita del padre della minore e non hanno adottato, fin dall’inizio della separazione dei genitori, quando la minore aveva solo un anno di età, delle misure concrete e utili volte a instaurare dei contatti effettivi e hanno successivamente tollerato per circa otto anni che la madre, con il suo comportamento, impedisse che si instaurasse una vera e propria relazione tra il ricorrente e la figlia; hanno adottato una serie di misure automatiche e stereotipate (tra cui richieste di informazioni e delega ai servizi sociali del controllo successivo che, da parte loro, non hanno correttamente eseguito le decisioni giudiziarie). Ora, sebbene gli strumenti giuridici previsti dal diritto italiano sembrino sufficienti per permettere allo Stato convenuto di garantire il rispetto degli obblighi positivi derivanti per quest’ultimo dall’art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, si deve constatare nella presente causa che le autorità non hanno intrapreso alcuna azione nei confronti della donna, lasciando che si consolidasse una situazione di fatto generata dall’inosservanza delle decisioni giudiziarie. Se è vero che gli obblighi dello Stato ai sensi dell’art. 8 cit. non sono obblighi di risultato ma di mezzi, nel caso di specie, di fronte all’opposizione della madre della minore che perdurava da circa 8 anni, le autorità nazionali non hanno adottato tutte le misure necessarie e che si potevano ragionevolmente esigere dalle stesse per far rispettare il diritto del ricorrente di avere contatti con sua figlia e di stabilire una relazione con lei. Dato quindi che le autorità nazionali non hanno fatto sforzi adeguati e sufficienti per far rispettare il diritto di visita del ricorrente, violando il diritto dell’interessato al rispetto della sua vita famigliare, vi è violazione dell’art. 8 cit., con conseguente danno morale del ricorrente (liquidato in via equitativa nella somma di Euro 13.000).
Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, sezione prima, sentenza del 5.12.2019 (ricorso n. 48322/17 – Causa Luzi contro l’Italia)