Acquiescenza espressa, manifestazione di non proporre appello, regole ermeneutiche sugli atti negoziali unilaterali

L’acquiescenza espressa costituisce atto dispositivo del diritto di impugnazione e quindi, indirettamente, del diritto fatto valere in giudizio, sicchè la relativa manifestazione di volontà deve essere inequivoca e provenire dal soggetto che di quel diritto possa disporre ed all’atto con cui quella sarebbe espressa bene si applicano le regole ermeneutiche sugli atti negoziali unilaterali, nonostante la sua rilevanza a fini prevalentemente processuali, per la sua sostanziale valenza abdicativa del diritto di proporre impugnazione (ed esso è allora censurabile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 1362 c.c. e ss.). Non può integrare univoca manifestazione di non proporre appello avverso una sentenza di primo grado che riconosce la cessazione di un contratto di comodato e pronuncia la condanna dell’ente pubblico comodatario al rilascio, la comunicazione di un ufficio dell’ente pubblico, a prescindere dalla sua competenza a disporre del relativo diritto, di non frapporre ostacoli ad un precetto di rilascio per limitare oneri a carico dell’ente pubblico in difetto di documentazione sull’immobile e, nell’incombenza della minacciata esecuzione, rimettendo ad altro ufficio dello stesso ente ogni altra determinazione, anche in punto di provvista finanziaria, per l’eventuale formalizzazione dell’uso in corso.

 

Cassazione civile, sezione terza, sentenza del 19.5.2017, n. 12615