Creditori di somme liquidate per l’irragionevole durata del processo: qual è la forma del pignoramento? Incompatibilità tra il giudice che abbia conosciuto dell’atto esecutivo opposto e giudice del giudizio di opposizione.

Fino alla data di entrata in vigore della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 5 quinquies, introdotto dal D.L. 8 aprile 2013, n. 35, art. 6, comma 6, convertito nella L. 6 giugno 2013, n. 64, i creditori di somme liquidate a norma della stessa L. n. 89 del 2001, dovevano eseguire i pignoramenti con la forma dell’espropriazione presso terzi mediante notificazione dell’atto di pignoramento alla Tesoreria centrale ovvero alla Tesoreria Provinciale dello Stato competente per territorio, in qualità di terzo pignorato, sottoponendo a vincolo fondi diversi da quelli della contabilità speciale, nei limiti della relativa disponibilità. Soltanto a decorrere dalla data di entrata in vigore dell’art. 5 quinquies, i creditori di dette somme, a pena di nullità rilevabile d’ufficio, eseguono i pignoramenti e i sequestri esclusivamente secondo le disposizioni del libro 3^, titolo 2^, capo 2^ del codice di procedura civile, con atto notificato ai Ministeri di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 2, ovvero al funzionario delegato del distretto in cui è stato emesso il provvedimento giurisdizionale posto in esecuzione, con l’effetto di sospendere ogni emissione di ordinativi di pagamento relativamente alle somme pignorate e di ottenere l’imposizione del vincolo sull’ammontare per cui si procede, sempreché esistano in contabilità fondi soggetti ad esecuzione forzata.L’art. 186 bis disp. att. c.p.c., introdotto dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 52, comma 7, prevede un’ipotesi speciale di incompatibilità tra il giudice persona fisica che abbia conosciuto dell’atto esecutivo opposto ed il giudice investito del giudizio di opposizione agli atti esecutivi avverso quello stesso atto, che impone un obbligo di astensione ai sensi dell’art. 51 c.p.c., n. 4. Tuttavia, in difetto di ricorso per la ricusazione del giudice, ai sensi dell’art. 51 c.p.c., comma 1, n. 4), e art. 52 c.p.c., la violazione di questo obbligo di astensione non è deducibile in sede di impugnazione come motivo di nullità della sentenza [Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 29.10.2014, n. 22854].

Scarica qui la sentenza >>