Risoluzione e recesso, incompatibilità tra ritenzione della caparra e domanda di risarcimento: conseguenze sull’inammissibilità delle domande nuove in appello

In termini generali, con la domanda di risoluzione (giudiziale o di diritto), il contraente non inadempiente può chiedere  il risarcimento del danno. In questo caso, deve considerarsi domanda nuova, inammissibile in appello, quella volta ad ottenere la declaratoria dell’avvenuto recesso con ritenzione della caparra (o pagamento del doppio), avuto riguardo all’incompatibilità strutturale e funzionale tra la ritenzione della caparra e la domanda di risarcimento (da cui consegue l’impossibilità di sostituire la seconda con la prima, e, a monte, l’impossibilità di trasformare la domanda di risoluzione in quella di recesso). Da ciò discende che: a) se la parte non inadempiente propone la sola domanda di risoluzione, non potrà integrare tale domanda con la richiesta di risarcimento del danno né con quella di ritenzione della caparra, trattandosi di domande nuove; b) se la parte non inadempiente formula richiesta di ritenzione (o di richiesta del doppio) della caparra, tale richiesta va qualificata come domanda di recesso, a prescindere dal nomen iuris utilizzato [Cassazione civile, sezione seconda, sentenza del 15.10.2014, n.  21854].

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