Equa riparazione per durata irragionevole del processo: il danno è presunto oppure va provato?

Il diritto all’equa riparazione di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2 spetta a tutti i protagonisti della vicenda processuale, costituendo l’angoscia e il patema d’animo per l’eccessiva protrazione del processo i riflessi psicologici del perdurare dell’incertezza in ordine alle posizioni in essa coinvolte; in altri termini, il danno non patrimoniale è da ritenere conseguenza normale, ancorchè non automatica e necessaria, della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo: sicchè, pur dovendo escludersi la sussistenza di un danno non patrimoniale in re ipsa, il giudice, una volta accertata e determinata l’entità della violazione relativa alla durata ragionevole del processo, deve ritenere sussistente il menzionato danno ogniqualvolta non ricorrano, nel caso concreto, circostanze particolari che facciano positivamente escludere che tale danno sia stato subito dal ricorrente [Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 29.8.2014, n. 18435].

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