Rimessione in termini e stato di gravidanza

Non può essere accolta la richiesta di rimessione in termini, motivata da ragioni di carattere personale del difensore che abbia dedotto problemi di salute connessi allo stato avanzato di gravidanza ed abbia prodotto solo il certificato di nascita del figlio. L’art. 153, comma 2, c.p.c. è, difatti, norma di stretta interpretazione, in considerazione delle conseguenze che un uso improprio della rimessione in termini potrebbe determinare sul piano della imperatività e della stessa vigenza della legge, il quale inerisce alle attribuzioni proprie del legislatore. Il rimedio, dunque, presuppone che l’errore in cui sia incorsa la parte, e che abbia causato la decadenza, non le sia affatto imputabile, perché cagionato da un fatto impeditivo estraneo alla sua volontà, che presenti il carattere dell’assolutezza e non della mera difficoltà, in rapporto causale determinante con il verificarsi della decadenza. Ciò posto, lo stato di gravidanza ha rilievo, ai sensi dell’art.81 bis disp. att. c.p.c., agli effetti della fissazione del c.d. calendario del processo, che è cosa del tutto diversa dalla rimessione in termini a seguito della scadenza di un termine perentorio stabilito dalla legge, rimessione che presuppone la sussistenza di una causa non imputabile, riferibile ad un evento che presenti i caratteri dell’assolutezza, e non già un’impossibilità relativa, né tanto meno una mera difficoltà (nel caso di specie, la ricorrente si è limitata a dedurre il proprio stato di gravidanza durante la pendenza del termine per proporre ricorso per cassazione, senza provare che le condizioni di salute le avevano impedito di proporre ricorso per cassazione, né è, a tal fine, sufficiente il certificato di nascita della figlia).

Cassazione civile, sezione seconda, ordinanza del 4.4.2024, n. 8919