Indebito arricchimento nei rapporti bancari: questo l’onere probatorio
E’ generalmente affermato e condiviso nell’orientamento giurisprudenziale il principio per cui nell’azione di ripetizione dell’indebito, dati gli elementi costitutivi dell’indebito stesso, è onere dell’attore provare di aver pagato ed allegare la mancanza di causa nel contesto dei rapporti intercorsi tra le parti.
Quanto alla prova della causa del pagamento, o dell’inesistenza della causa del pagamento, il Tribunale osserva che la Corte di Cassazione afferma costantemente che l’onere della prova gravante sull’attore nel giudizio di indebito va assolto in relazione al thema decidendum, cioè al tipo di vizio che renderebbe il pagamento sine causa.
Ciò vuol dire che se l’attore assume che il pagamento di cui chiede la restituzione venne eseguito, ad esempio, in base ad un titolo nullo oppure in eccesso rispetto ai patti contrattuali,
egli deve provare nel primo caso la nullità, nel secondo caso il contenuto di quei patti. Quando, invece, l’attore assuma che il pagamento di cui chiede la restituzione venne eseguito sine titulo in riferimento ai rapporti intercorsi tra le parti – come nel caso di specie – egli non dovrà far altro che allegare tale inesistenza del titolo, e sarà onere del convenuto provare, al contrario, l’esistenza d’una iuxta causa obligationis.
Questi principi sono costantemente ribaditi anche in una diversa declinazione dalla Suprema Corte allorché afferma che una volta proposta una domanda di ripetizione di indebito, l’attore ha l’onere di provare l’inesistenza di una giusta causa delle attribuzioni patrimoniali compiute in favore del convenuto, ma solo con riferimento ai rapporti specifici tra essi intercorsi e dedotti in giudizio, costituendo una prova diabolica esigere dimostrazione dell’inesistenza di ogni e qualsivoglia causa di dazione tra solvens e accipiens.
Tribunale di Trani, sentenza del 12.8.2022 (Giudice Francesca PASTORE)