Ragionamento probatorio del giudice di merito: quando si può ricorrere in cassazione?

Si affermano i seguenti principi di diritto.

        I.            In tema di scrutino della legittimità del ragionamento probatorio seguito dal giudice di merito, l’errore di valutazione nell’apprezzamento dell’idoneità dimostrativa del mezzo di prova non è sindacabile in sede di ricorso per Cassazione se non si traduca in un vizio di motivazione costituzionalmente rilevante (Cass. ss.uu. 8053/2014), mentre deve ritenersi censurabile, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione dell’art. 115 cit. cod., l’errore di percezione che sia caduto sulla ricognizione del contenuto oggettivo della prova, qualora investa una circostanza che abbia formato oggetto di discussione tra le parti.

     II.            Diversamente dall’errore revocatorio di cui all’art. 395 c.p.c., n. 4, che consiste in una falsa percezione della realtà, o in una svista materiale che abbia portato ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto la cui verità sia incontestabilmente esclusa, ovvero l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita dagli atti o documenti di causa, se il fatto non costituì punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare l’errore percettivo, che cada sul contenuto oggettivo della prova (e non sul fatto), assume autonoma rilevanza, rendendo censurabile, in sede di legittimità, lo specifico caso dell’avvenuta utilizzazione, da parte dello stesso giudice, di prove che non esistono nel processo (ovvero che abbiano un contenuto oggettivamente ed inequivocabilmente diverso da quello loro attribuito), che abbiano costituito oggetto di discussione tra le parti (in ciò distinguendosi dall’errore revocatorio) e che tuttavia sostengano illegittimamente la decisione assunta (non già in base a una motivazione viziata, bensì) in violazione di un parametro di fonte legislativa.

   III.            In tema di scrutinio di legittimità del ragionamento probatorio adottato dal giudice di merito, deve distinguersi tra la fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 (che consente l’impugnazione della sentenza nell’ipotesi di omissione di fatti decisivi oggetto di discussione tra le parti), quella di cui all’art. 395, n. 4 (che ha riguardo a fatti costituenti un punto controverso su cui il giudice non si è espressamente pronunciato) e l’ipotesi di cui all’art. 115, che ha ad oggetto le prove proposte dalle parti, oggetto di discussione (diversamente che nell’ipotesi di errore revocatorio) su cui il giudice si sia espressamente pronunciato. Una diversa interpretazione finirebbe, difatti, per consolidare un’inemendabile forma di patente illegittimità della decisione, in contrasto con il principio dell’effettività della tutela, qualora essa si fondi sulla ricognizione obbiettiva del contenuto della prova che conduca ad una conclusione irrefutabilmente contraddetta, in modo tanto inequivoco quanto decisivo, dalla prova travisata, sui cui le parti hanno avuto modo di discutere.

   IV.            Se, di converso, l’errore percettivo è caduto su un fatto storico, principale o secondario, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e che risulti idoneo ad orientare in senso diverso la decisione, esso può essere fatto valere, negli stringenti limiti di cui al novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ogni qual volta esso consista nell’omesso esame di quel fatto (e non anche quando si traduca nella mera insufficienza o contraddittorietà della motivazione), sempre che non ricorra l’ipotesi della cd. “doppia conforme” ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., commi 4 e 5.

     V.            In tema di scrutinio di legittimità del ragionamento probatorio adottato dal giudice di merito, la valutazione del materiale probatorio – essendo destinata a risolversi nella scelta di uno o più tra i possibili contenuti informativi che il singolo mezzo di prova e’, per sua natura, in grado di offrire all’osservazione e alla valutazione del giudice – è espressione della discrezionalità valutativa del giudice di merito ed è estranea ai compiti istituzionali della Corte di legittimità (con la conseguenza che non è denunciabile, dinanzi a quest’ultima, come vizio della decisione di merito, a seguito della definitiva riformulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5), restando totalmente interdetta alle parti la possibilità di discutere, in sede di legittimità, del modo attraverso il quale il giudice di merito ha compiuto le proprie valutazioni discrezionali di carattere probatorio.

   VI.            Viceversa, alla stessa parte deve ritenersi consentita, in applicazione delle norme di cui all’art. 115 c.p.c. e art. 360 c.p.c., n. 4, la facoltà di denunciare la errata percezione (e la conseguente utilizzazione), da parte del giudice di merito, di prove inesistenti, ovvero di prove non solo riferite a fonti, che non sono mai state dedotte in giudizio dalle parti (un testimone mai addotto o escusso; un documento mai depositato agli atti), ma altresì a prove che, pur riferendosi a fatti/fonti appartenenti al processo (uno specifico documento ritualmente depositato, un testimone regolarmente escusso), si sostanziano nella elaborazione di contenuti informativi non riconducibili in alcun modo a dette fonti, neppure in via indiretta o mediata (ossia di informazioni probatorie delle quali risulti preclusa alcuna connessione logico-significativa con le fonti o i mezzi di prova cui il giudice ha viceversa inteso riferirle), sempre che tali contenuti informativi abbiano, specularmente interpretate, il carattere della decisività.

VII.            Il travisamento della prova, per essere censurabile in cassazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione dell’art. 115 c.p.c. – postula:

a)      che l’errore del giudice di merito cada non sulla valutazione della prova (demostrandum), ma sulla ricognizione del contenuto oggettivo della medesima (demostratum), con conseguente, assoluta impossibilità logica di ricavare, dagli elementi acquisiti al giudizio, i contenuti informativi che da essi il giudice di merito ha ritenuto di poter trarre;

b)      che tale contenuto abbia formato oggetto di discussione nel giudizio;

c)      che l’errore sia decisivo, in quanto la motivazione sarebbe stata necessariamente diversa se fosse stata correttamente fondata sui contenuti informativi che risultano oggettivamente dal materiale probatorio e che sono inequivocamente difformi da quelli erroneamente desunti dal giudice di merito;

d)      che il giudizio sulla diversità della decisione sia espresso non già in termini di mera probabilità, ma di assoluta certezza.

Cassazione civile, sezione terza, sentenza del 21.12.2022, n. 37382