Valutazione della prova non è mera soggettività del giudice, ma parametro del prudente apprezzamento che è unità di misura: no, però, al sindacato di legittimità.
La violazione dell’art. 116 c.p.c. non è denunciabile quale apprezzamento non prudente della prova da parte del giudice, e cioè quale cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove e ciò perchè le prove devono essere dal giudice valutate secondo il “suo” – precisa l’art. 116 c.p.c. – prudente apprezzamento.
Difatti, l’uso nella disposizione dell’aggettivo possessivo “suo” non ha il senso del rimando ad un’arbitrarietà soggettiva, perchè si tratta dell’attributo di un parametro di riferimento, e cioè quello del “prudente” apprezzamento. La legge non parla di “suo apprezzamento”, ma di “suo prudente apprezzamento”, sicchè ne discende che la valutazione della prova non dipende dalla mera soggettività del giudice, ma è ancorata ad un parametro, quello del prudente apprezzamento, sia pure declinato in termini soggettivi. Il prudente apprezzamento è un’unità di misura cui il giudice deve basarsi nella valutazione delle prove. Ciò nondimeno, il parametro opera secondo la declinazione soggettiva del singolo giudice. Si tratta del prudente apprezzamento non in astratto, ma in accordo al punto di vista del giudice della causa. La conseguenza dell’accezione soggettiva di prudente apprezzamento è l’autonomia del giudice nella valutazione le prove. E’ questo il fondamento della libertà, e non sindacabilità in sede di legittimità, della funzione giudiziale prevista dall’art. 116. Il controllo sul giudizio di fatto resta affidato all’impugnazione di merito che caratterizza il giudizio di appello, il quale costituisce, come è noto, non un sindacato sull’atto (il provvedimento giurisdizionale di primo grado), ma un giudizio direttamente sul rapporto dedotto in giudizio. Sul piano invece del sindacato di cassazione, la norma di cui all’art. 116 non è formulata in termini di “prudente apprezzamento” senza attributi, il che rinvierebbe ad un parametro astratto e generale di cui denunciare la violazione in sede di legittimità, ma, come si è detto, essa qualifica il prudente apprezzamento nei termini soggettivi del giudice. Sotto questo aspetto, la norma non è qualificabile come attributiva di un potere, tale che in sede di legittimità si debba verificarne il rispetto. L’art. 116 c.p.c., con il rimando allo “specifico” prudente apprezzamento del giudice della causa, è piuttosto norma di garanzia dell’esercizio della libera valutazione della prova da parte del giudice, salvo il limite che “la legge disponga altrimenti”. L’art. 116 fonda in definitiva l’autonomia del giudizio del giudice di merito in ordine ai fatti della causa, quale corollario, nel processo civile, dei valori costituzionali di autonomia e indipendenza dell’autorità giudiziaria (art. 104 Cost.).
Cassazione civile, sezione terza, sentenza del 16.05.2022, n. 15605
Segnalazione SEMINARIO GIURIDICO, 10.6.2022, Causalità civile e standard probatorio