Covid e locazioni, presupposizione (presupposto) ed obbligo di rinegoziazione?
Anche in presenza dell’intervento generale del legislatore per fare fronte alla crisi economica causata dal Covid-19 (la previsione di cui all’art. 65 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 convertito in legge n. 27/2020 di un credito di imposta del 60% sui canoni di locazione), deve ritenersi doveroso in tale ipotesi fare ricorso alla clausola generale di buona fede e di solidarietà sancito dall’art. 2 della Carta costituzionale al fine di riportare il contratto entro i limiti dell’alea normale. In tali situazioni non sembra possa dubitarsi in merito all’obbligo delle parti di addivenire a nuove trattative al fine di riportare l’equilibrio negoziale entro l’alea normale del contratto. A tal punto sembra prima facie non essere stato violato da parte della resistente il canone di buona fede in senso oggettivo dal momento che la stessa ha dedotto che nel giugno del 2020 si era addivenuti ad una riduzione del 20% sulle due rate semestrali (45.000 + 10.000) per un importo complessivo di € 17.000,00 e di aver concesso un differimento e pagamento parziale di soli € 10,000,00 della rata semestrale (di € 45.000) con scadenza al 5 marzo 2021. Ciò nondimeno, per il 2021 sembra necessario fare ricorso alla buona fede integrativa per riportare in equilibrio il contratto nei limiti dell’alea negoziale normale, disponendo la riduzione del canone di locazione del 20% per il semestre marzo-agosto 2021 per il contratto del 24.02.2016 e del 5% per il semestre maggio-ottobre per il contratto del 19.10.2016; si rileva difatti che a decorrere dal mese di giugno tutte le strutture alberghiere e della ristorazione hanno ripreso normalmente ad operare.