Interesse al frazionamento del credito, improcedibilità e giudicato

La Corte enuncia il seguente principio di diritto: “le domande relative a diritti di credito analoghi per oggetto e per titolo, in quanto fondati su analoghi, seppur diversi, fatti costitutivi, non possono essere proposte in giudizi diversi quando i relativi fatti costitutivi si inscrivano nell’ambito di una relazione unitaria tra le parti, anche di mero fatto, caratterizzante la concreta vicenda da cui deriva la controversia. Tale divieto processuale non opera quando l’attore abbia un interesse oggettivo, il cui accertamento compete al giudice di merito, ad azionare in giudizio solo uno, o solo alcuni, dei crediti sorti nell’ambito della suddetta relazione unitaria le parti. La violazione dell’enunciato divieto processuale è sanzionata con l’improponibilità della domanda, ferma restando la possibilità di riproporre in giudizio la domanda medesima, in cumulo oggettivo, ai sensi dell’art. 104 c.p.c., con tutte le altre domande relative agli analoghi crediti sorti nell’ambito della menzionata relazione unitaria tra le parti”.

La natura meramente processuale del vizio conseguente alla violazione del divieto di indebito frazionamento del credito, vale a dire l’improponibilità della domanda, esclude, invero, che la statuizione che ne abbia affermato la sussistenza, contenuta in una sentenza pronunciata in altro giudizio tra le stesse parti e passata in giudicato, possa esplicare efficacia preclusiva di una sua differente soluzione in altro giudizio, pendente tra le stesse parti, in cui, come in quello in esame, la medesima questione sia stata dedotta o comunque rilevata. La statuizione su una questione processuale dà luogo, in effetti, ad un giudicato meramente formale ed ha, come tale, un’efficacia preclusiva limitatamente al giudizio in cui è stata pronunciata ma non impedisce né che la medesima questione sia riproposta in un successivo giudizio tra le stesse parti, né, a fortiori, che, in quest’ultimo giudizio, la predetta questione sia diversamente risolta, dichiarando, cioè, la proponibilità della domanda.

Cassazione civile, sezione seconda, ordinanza del 15.9.2021, n. 24915