Interpretazione per principi generali è utilizzabile solo in caso di lacuna normativa: così dice l’art. 12 preleggi (Corte dei Conti)
Prendendo le mosse dall’art.12 preleggi, il ricorso all’analogia è consentito quando, esclusa l’interpretazione letterale, volta ad attribuire alla norma il significato che si evince immediatamente dalle parole utilizzate, e la c.d. interpretazione logica, che mira a definire il contenuto della norma in base allo scopo che il legislatore ha inteso realizzare nell’emanarla, permangano fattispecie non previste né risolte da norme giuridiche e per le quali il giudice deve far riferimento alle regole della fattispecie simile (analogia legis).
I presupposti, dunque per l’applicazione analogica, sub specie di analogia iuris – risiedono, anzitutto, nel difetto di norme che regolino il caso in questione e, in secondo luogo, nella ravvisabile somiglianza tra la fattispecie disciplinata dalla legge e quella non prevista, che consenta di applicare anche all’ipotesi non disciplinata, l’eadem ratio.
Ove, poi, il caso rimanga ancora privo di un dettato normativo, il giudice farà riferimento ai principi generali dell’ordinamento giuridico (analogia iuris).
In entrambe le ipotesi, dunque, l’applicazione analogica presuppone una lacuna normativa.
Corte dei Conti, sezione terza, appello, sentenza del 23.04.2018, n. 126