Abuso del processo: nozione; moltiplicazione delle iniziative esecutive e irripetibilità delle spese

Costituisce principio generale tanto del diritto delle obbligazioni (art. 1175 c.c.), quanto del diritto processuale (artt. 88,175 c.p.c.), il dovere di comportarsi con correttezza e buona fede. Tra le innumerevoli declinazioni di questo principio, vi è quella per cui non è consentito al creditore aggravare inutilmente la posizione del debitore, abusando del processo, condotta caratterizzata da un elemento oggettivo ed uno soggettivo. Sul piano oggettivo si ha abuso del processo quando lo strumento processuale viene utilizzato per fini diversi ed ulteriori da quelli suoi propri, ed illegittimi; non, dunque, per tutelare diritti conculcati, ma per crearne di nuovi (ed ingiustificati) ad arte, ovvero per nuocere con intenti emulativi alla controparte. Sul piano soggettivo si ha abuso del processo quando la condotta di cui sopra venga tenuta in violazione del generale dovere di correttezza (art. 1175 c.c.) e buona fede (art. 1375 c.c.). Il dovere di correttezza (come si legge al p. 558 della Relazione al codice civile) “è (…) spirito di lealtà, (…) di chiarezza e di coerenza, fedeltà e rispetto a quei doveri che, secondo la coscienza generale, devono essere osservati nei rapporti tra consociati”, e consiste nel richiamare il creditore a prendere in considerazione l’interesse del debitore. In definitiva, costituisce abuso del processo qualsiasi iniziativa processuale intesa a conseguire un ingiusto vantaggio distorcendo i fini naturali del processo civile.

In sede esecutiva, costituisce abuso del processo la moltiplicazione delle iniziative esecutive che, senza frutto per il creditore, hanno l’unico effetto di far lievitare i costi della procedura. Tale condotta, processualmente illecita, lo è anche sul piano deontologico ai sensi dell’art. 66 del codice deontologico forense. Conseguenza di simili condotte, per i fini che qui rilevano, non può che essere l’irripetibilità delle spese superflue o, peggio, fatte lievitare ad arte dal creditore: irripetibilità che, quand’anche non esistesse l’art. 92 c.p.c., comma 2, o non se ne volesse predicare l’applicabilità al processo esecutivo, comunque discenderebbe dalla violazione dei ricordati doveri di correttezza e buona fede, e prima ancora sul principio di autoresponsabilità, di cui è espressione dell’art. 1227 c.c., comma 2 (fattispecie in cui la parte, munita di altrettanti titoli esecutivi, iniziò cinque diverse esecuzioni nella forma del pignoramento presso terzi, ed ottenne cinque diverse ordinanze di assegnazione).

Cassazione civile, sezione terza, ordinanza del 31.5.2021, n. 15077