Continenza fra un giudizio in grado di appello ed altro in primo grado e differenza quantitativa del petitum: cosa accede?

Il rapporto di continenza tra due cause è determinato dalla pendenza, davanti a giudici diversi, di cause aventi identità di elementi soggettivi e una parziale coincidenza di elementi oggettivi. Ciò si può verificare quando il petitum di una di esse sia più esteso, in modo da comprendere, in una relazione di contenente a contenuto, la pretesa che forma oggetto dell’altra causa; se la causa petendi dell’una combaci solo parzialmente con quella dell’altra causa; oppure qualora le due cause siano caratterizzate da un rapporto di interdipendenza, come nel caso in cui sono prospettate, con riferimento ad un unico rapporto negoziale, domande contrapposte o in relazione di alternatività; nonchè quando le questioni dedotte con la domanda anteriormente proposta costituiscano il necessario presupposto (alla stregua della sussistenza di un nesso di pregiudizialità logico-giuridica) per la definizione del giudizio successivo. Quando si verificano i presupposti della continenza, l’obiettivo è quello di realizzare un’economia di giudizio e di evitare l’emanazione di sentenze contraddittorie, attraverso la fusione della causa di minor valore in quella di valore maggiore. Infatti l’art. 39 c.p.c. al comma 2 dispone che, se il giudice preventivamente adito è competente anche per la causa proposta successivamente, il giudice di questa dichiara la continenza e fissa con ordinanza un termine perentorio entro il quale le parti debbono riassumere la causa davanti al primo giudice (criterio della prevenzione). Se, invece, il giudice preventivamente adito non è competente per la causa successivamente proposta, egli fissa il termine per la riassunzione davanti al secondo giudice (criterio dell’assorbimento).

Qualora ricorra l’ipotesi della differenza quantitativa del petitum, come nel caso in cui nella causa pendente innanzi alla Corte d’appello sia stato richiesto, in relazione al medesimo fatto, un risarcimento in misura più ampia rispetto a quello dedotto nel secondo giudizio, nell’ipotesi di continenza fra un giudizio in grado di appello ed altro in primo grado, non può realizzarsi la rimessione della seconda causa al giudice dell’impugnazione della decisione sulla prima, ai sensi dell’art. 39 c.p.c., comma 2, per il diverso grado in cui risultano pendenti. Ne consegue che l’esigenza di coordinamento sottesa alla disciplina dell’art. 39 c.p.c., comma 2, dev’essere assicurata mediante l’art. 295 c.p.c., cioè per il tramite della sospensione della causa che avrebbe dovuto subire l’attrazione all’altra se avesse potuto operare detta disciplina, in attesa della definizione con sentenza passata in giudicato della causa che avrebbe esercitato l’attrazione.

Cassazione civile, sezione sesta, ordinanza del 18.3.2021, n. 7583