L’onere delle spese giudiziali sostenute dal terzo chiamato in garanzia

In tema di spese giudiziali sostenute dal terzo chiamato in garanzia, una volta rigettata la domanda principale, il relativo onere va posto a carico della parte soccombente che ha provocato e giustificato la chiamata in garanzia, in applicazione del principio di causalità, e ciò anche se l’attore soccombente non abbia formulato alcuna domanda nei confronti del terzo. A tale regola fa eccezione la sola ipotesi in cui la chiamata in garanzia si palesi manifestamente infondata, posto che in tale ipotesi la palese infondatezza della domanda di garanzia proposta dal convenuto nei confronti del terzo chiamato comporta l’applicabilità del principio di soccombenza nel rapporto processuale instauratosi tra loro, anche quando l’attore sia, a sua volta, soccombente nei confronti del convenuto chiamante, atteso che quest’ultimo sarebbe stato soccombente nei confronti del terzo anche in caso di esito diverso della causa principale. A diversa conclusione deve però pervenirsi nel caso in cui, pur rivelandosi infondata la domanda di garanzia, la domanda attorea in primo grado sia stata accolta, seppure in misura inferiore rispetto a quanto richiesto, dovendosi fare applicazione del diverso principio per cui le spese processuali sostenute dal chiamato in causa debbono essere rifuse (salva l’ipotesi di compensazione integrale) dalla parte soccombente, e quindi da quella che ha azionato una pretesa rivelatasi infondata, ovvero da quella che ha resistito ad una pretesa rivelatasi fondata. Ne consegue che l’attore, il quale abbia visto accolta la propria domanda contro almeno uno dei convenuti, non può essere condannato alla rifusione delle spese di lite sostenute dal terzo chiamato in causa, laddove venga rigettata la domanda di manleva formulata dal convenuto nei confronti del chiamato.

Cassazione civile, sezione sesta, ordinanza del 14.1.2021, n. 511