Mancata tempestiva contestazione e art. 183 c.p.c. Compenso avvocato e contestazione generica in sede di opposizione a decreto ingiuntivo

La stessa valutazione della condotta processuale del convenuto, agli effetti della non contestazione dei fatti allegati dalla controparte, deve essere correlata al regime delle preclusioni, che la disciplina del giudizio ordinario di cognizione connette all’esaurimento della fase processuale entro la quale è consentito ancora alle parti di precisare e modificare, sia allegando nuovi fatti – diversi da quelli indicati negli atti introduttivi – sia revocando espressamente la non contestazione dei fatti già allegati, sia ancora deducendo una narrazione dei fatti alternativa e incompatibile con quella posta a base delle difese precedentemente svolte. La mancata tempestiva contestazione, sin dalle prime difese, dei fatti allegati dall’attore è retrattabile nei termini previsti per il compimento delle attività processuali consentite dall’art. 183 c.p.c., risultando preclusa solo all’esito della fase di trattazione ogni ulteriore modifica determinata dall’esercizio della facoltà deduttiva.

In tema di opposizione a decreto ingiuntivo per il pagamento di diritti ed onorari di avvocato o procuratore, la contestazione comunque mossa dell’opponente circa la pretesa fatta valere dall’opposto sulla base della parcella corredata dal parere del Consiglio dell’Ordine non deve avere carattere specifico, potendo essere anche generica, risultando comunque idonea ad investire il giudice del potere – dovere di dar corso alla verifica della fondatezza della contestazione e, correlativamente, a determinare l’onere probatorio a carico del professionista in ordine all’attività svolta e alla corretta applicazione della tariffa.

Cassazione civile, sezione seconda, ordinanza del 30.10.2020, n. 24120