Messa alla prova: prestazione di impegno e non di risultato

Si deve rilevare che il giudice ai fini della verifica del percorso di messa alla prova pur non potendo prescindere dall’accertamento del corretto adempimento delle specifiche prescrizioni contenute nel progetto, deve tener conto del c.d. “comportamento abituale” del minore da intendere quale condotta di vita del beneficiario della messa alla prova. A tal proposito non potranno non essere presi in considerazione fatti di specifica rilevanza quali l’inserimento lavorativo del giovane e il conseguente apporto economico dello stesso ai bisogni dei familiari nonché l’assistenza prestata a favore di un familiare che versi in precarie condizioni di salute (il Giudice osserva che nel caso di specie pur se con l’ultima relazione in atti l’USSM ha rappresentato il compimento da parte del beneficiario solo di alcune delle attività previste nel progetto, deve essere osservato che dal punto di vista oggettivo il destinatario del beneficio, oltre al compimento delle suddette attività, ha svolto diverse occupazioni lavorative al fine di sostenere la famiglia e ha prestato assistenza alla propria madre, gravemente malata. Poiché la messa alla prova deve essere considerata come una prestazione di impegno, volontà e collaborazione del beneficiario e non esclusivamente di risultato, dovendosi tener conto delle capacità del minore nonché delle sue risorse familiari e ambientali, nel caso concreto deve rilevarsi l’esito positivo del percorso seguito dal ragazzo, a seguito di un giudizio complessivo, avuto riguardo all’impegno effettivamente manifestato dal giovane e al percorso di responsabilizzazione dello stesso, come riferito dall’USSM, pur in assenza di una completa realizzazione di tutte le attività previste dal progetto).

Tribunale per i minorenni di Caltanissetta, sentenza del 23.9.2020