Azione revocatoria, sopravvenuto giudicato che accerti l’inesistenza del credito, conseguenze

Deve affermarsi il seguente principio di diritto: posto che la titolarità di un diritto di credito, anche eventuale e dunque anche oggetto di giudizio, costituisce condizione dell’azione revocatoria sotto il profilo della legitimatio ad causam dell’attore, il sopravvenire in corso di causa di un giudicato, che accerti l’inesistenza del credito sulla base del quale l’azione era stata esercitata, determina il venir meno dell’interesse all’azione revocatoria, non sussistendo più l’esigenza di dichiarare, a garanzia del credito, questo risultando inesistente con il giudicato, che ne costituisce legge sostanziale, l’inefficacia dell’atto di disposizione del patrimonio. E poichè gli indicati elementi del rapporto processuale – legitimatio ad causam ed interesse ad agire dell’attore – devono permanere, quali condizioni dell’azione, sino al momento della decisione definitiva, il sopravvenuto difetto degli stessi, che sia fatto constare in pendenza del giudizio di legittimità, deve essere rilevato dalla Corte di Cassazione, e comporta, indipendentemente dall’originaria fondatezza o meno della domanda, il rigetto nel merito della domanda stessa, in questo senso potendo provvedere la stessa Corte di cassazione ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, allorchè non siano necessari ulteriori accertamenti in fatto (nella specie la circostanza del giudicato è stata evidenziata con memoria ai sensi dell’art. 380-bis, dalla parte ricorrente, con produzione della sentenza determinativa del giudicato, ed assentita dalla parte resistente).

Cassazione civile, sezione sesta, ordinanza del 30.6.2020, n. 12975