Patto di opzione e proposta irrevocabile

Il contratto (o, come più comunemente chiamato, patto) di opzione, infatti, per poter conseguire le finalità tipiche per cui è configurato dalla legge, deve, innanzitutto, essere concluso bilateralmente. A differenza della proposta irrevocabile (art. 1329 c.c.), costituisce un negozio giuridico bilaterale, la cui causa consiste nell’assunzione dell’obbligo per una delle parti di mantenere ferma per il tempo pattuito la proposta relativamente alla conclusione di un ulteriore contratto, con correlativa attribuzione all’altra parte del diritto di determinarsi in merito alla conclusione del contratto entro quel medesimo tempo. Per tale ragione, esso deve contenere tutti gli elementi essenziali del contratto finale, in modo da consentire la conclusione dello stesso nel momento e per effetto della sola adesione dell’altra parte, senza necessità di ulteriori pattuizioni, profilandosi in caso contrario l’ipotesi di un mero “accordo preparatorio” destinato ad inserirsi nell’iter formativo del nuovo contratto. Il patto di opzione si risolve, sostanzialmente, in un contratto strumentale, gratuito od oneroso, destinato a realizzare e ad esaurire la sua funzione attraverso il perfezionamento del contratto finale, finalità perseguita con l’attribuzione al promissario di un potere di scelta in ordine alla stipula o meno del medesimo entro un tempo determinato; a fronte di tale potere, il promittente è posto in una situazione di mera soggezione. In quanto dotato di propria funzione e di propri effetti, il patto di opzione conserva dunque un suo grado di autonomia strutturale e funzionale, nel senso che, mentre resta pur sempre vincolato o collegato al contratto finale, rispetto al quale svolge la funzione di negozio preparatorio, non è tuttavia assorbito dal contratto stesso.

Tribunale di Messina, sezione seconda del 3.8.2020