Principi fondamentali della materia di ammissione allo stato passivo e relativa opposizione

Occorre rammentare alcuni principi fondamentali che vengono ad innervare l’intera materia dell’ammissione allo stato passivo e dell’opposizione alla stessa (procedimento compreso), e cioè che:

1)      il procedimento di opposizione allo stato passivo è retto dalle regole ordinarie in tema di onere della prova, con la conseguenza che grava sull’opponente (attore) fornire la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto di credito mentre graverà sulla curatela l’onere di dimostrare fatti modificativi, impeditivi o estintivi dell’obbligazione;

2)      tuttavia, nel procedimento di accertamento del passivo il curatore deve essere considerato terzo sia rispetto al fallito sia rispetto ai creditori concorsuali e, pertanto, al predetto curatore non sono opponibili i crediti non aventi data certa;

3)      il procedimento di opposizione allo stato passivo è un giudizio di carattere impugnatorio, con la rilevante conseguenza che in esso non possono essere avanzate domande nuove che non siano già contenute nell’istanza di ammissione al passivo operando il principio della immutabilità della domanda;

4)      per contro, poiché nel giudizio di opposizione allo stato passivo è lo stesso creditore opponente ad avere la veste di attore, mentre il curatore che contesti la pretesa assume quella di convenuto, nulla impedisce – nei limiti in cui le regole del processo di cognizione lo consentono – al curatore di far valere, in via di eccezione, ragioni di infondatezza della pretesa del ricorrente diverse da quelle enunciate nell’originario provvedimento di non ammissione del credito al passivo, non essendovi alcun onere di sollevare tutte le possibili contestazioni nel corso dell’adunanza prevista dall’art. 96 l. fall.;

5)      il tribunale ha la sola facoltà – il cui mancato esercizio non esonera la parte dalle conseguenze del mancato assolvimento dell’onere probatorio – di acquisire il fascicolo fallimentare e da esso eventualmente desumere elementi o argomenti di prova;

6)      quanto alla prova del credito, nella procedura di verifica dei crediti e nel conseguente giudizio di opposizione allo stato passivo, il curatore del fallimento agisce in qualità di terzo sia rispetto ai creditori del fallito che richiedono l’ammissione al passivo, sia rispetto allo stesso fallito; conseguentemente, non è applicabile nei suoi confronti l’art. 2709 cod. civ., secondo cui i libri e le scritture contabili delle imprese soggette a registrazione fanno prova contro l’imprenditore, invocabile solo nei rapporti fra i contraenti o i loro successori, fra i quali ultimi non è annoverabile il curatore nella sua funzione istituzionale di formazione dello stato passivo (ancorchè, peraltro, dette scritture possano essere prese in considerazione dal giudice di merito quali elementi indiziari in ordine all’esistenza del credito);

7)      in sede di ammissione al passivo fallimentare, al fine dell’accertamento dell’anteriorità del credito rispetto alla dichiarazione di fallimento, la scrittura privata allegata a documentazione della pretesa (nell’ipotesi, effetti cambiari emessi da una società successivamente fallita) è soggetta alle regole dettate dall’art. 2704, comma 1, c.c. in tema di certezza e computabilità della data riguardo ai terzi, le quali possono essere fatte valere nell’interesse della massa o del fallito dal curatore, data la sua posizione di terzietà rispetto agli atti compiuti dal fallito medesimo;

8)      infine, ma in questo caso si tratta di regola generale e non operante in via esclusiva per il Fallimento, le fatture commerciali non accettate, non integrano di per sé la piena prova del credito in esse indicato e non determinano neppure alcuna inversione dell’onere probatorio; ne consegue che, quando il preteso debitore muove contestazioni sull’an o sul quantum debeatur, le fatture non valgono a dimostrare l’esistenza del credito, né, tanto meno, la sua liquidità ed esigibilità.

Tribunale di Milano, decreto del 15.1.2020