Eccezione di compensazione legale e giudiziale, profili processuali

Con riguardo all’eccezione di compensazione è da ricordare che la compensazione rileva quale fatto estintivo dell’obbligazione e presuppone che due persone siano obbligate l’una verso l’altra in forza di reciproci crediti e debiti, determinando, appunto, l’estinzione degli stessi per quantità corrispondenti. La compensazione legale, a differenza di quella giudiziale, opera di diritto per effetto della sola coesistenza dei debiti, sicchè la sentenza che la accerti è meramente dichiarativa di un effetto estintivo già verificatosi e questo automatismo non resta escluso dal fatto che la compensazione non possa essere rilevata di ufficio, ma debba essere eccepita dalla parte, poichè tale disciplina comporta unicamente che il suddetto effetto sia nella disponibilità del debitore che se ne avvale, senza che sia richiesta una autorizzazione alla compensazione dalla controparte. La compensazione legale, tuttavia, non può operare qualora il credito addotto in compensazione sia contestato nell’esistenza o nell’ammontare, in quanto la contestazione esclude la liquidità del credito medesimo laddove la legge richiede, affinchè la compensazione legale si verifichi, la contestuale presenza dei requisiti della certezza, liquidità ed esigibilità del credito.

La compensazione giudiziale, prevista dall’art. 1243 c.c., comma 2, può essere disposta dal giudice quando il credito (illiquido) opposto in compensazione sia dì facile e pronta liquidazione. Questa forma di compensazione si distingue da quella legale per il fatto che mentre la prima presuppone la sussistenza (anteriormente al giudizio) di contrapposti crediti liquidi ed esigibili, la seconda presuppone che il debito opposto in compensazione sia illiquido, ma di facile e pronta liquidazione da intendersi in senso ampio e dunque anche in riferimento all’an debeatur. Il giudice che non riconosca la facile e pronta liquidità del credito opposto in compensazione deve disattendere la relativa eccezione e il convenuto potrà far valere il credito in un autonomo giudizio. Qualora, invece, il credito illiquido non sia semplicemente opposto in compensazione al solo fine di paralizzare la domanda della controparte, ma in relazione al medesimo sia stata proposta domanda riconvenzionale, il giudice, in forza di quanto disposto dagli artt. 36 e 112 c.p.c., non può spogliarsi della cognizione della controversia, ma, dopo aver provveduto circa la domanda dell’attore, deve pronunciarsi anche in merito al credito fatto valere dal convenuto.

Tribunale di Roma, sentenza del 3.12.2019, n. 23116