Vizi della citazione in primo grado, contumacia e sanatoria conseguente alla costituzione in appello (caso di conclusioni mancanti nell’atto notificato)

L’art. 164 c.p.c. non pone limiti temporali o procedimentali alla possibilità di sanare la nullità della citazione e, pertanto, tale sanatoria può avvenire anche tramite la proposizione dell’atto di appello, senza peraltro che ciò escluda la nullità del giudizio svoltosi in violazione del contraddittorio. Infatti, la sanatoria derivante, ex art. 164 c.p.c., comma 3, dalla costituzione in appello esclude che sia invalida, vale a dire inammissibile, la domanda, ma non esclude l’invalidità del giudizio svoltosi in violazione del contraddittorio; il giudice d’appello deve pertanto dichiarare la nullità della sentenza e del giudizio di primo grado. Nondimeno la dichiarazione di queste nullità non può comportare la rimessione della causa al giudice di primo grado: sia perchè la nullità della citazione non è inclusa tra le tassative ipotesi di regressione del processo previste dagli artt. 353 e 354 c.p.c., non interpretabili analogicamente in quanto norme eccezionali; sia perchè sul principio del doppio grado di giurisdizione, privo di garanzia costituzionale, prevale l’esigenza della ragionevole durata del processo. Sicchè il giudice d’appello, dichiarata la nullità della sentenza e del giudizio di primo grado, è tenuto a trattare la causa nel merito, rinnovando a norma dell’art. 162 c.p.c. gli atti dichiarati nulli, quando sia possibile e necessario.

La sanatoria conseguente alla costituzione in appello opera, ex art. 164 c.p.c., comma 3, con effetto retroattivo e comporta che l’atto di citazione introduttivo non può più considerarsi nullo e improduttivo di effetti ma, al contrario, valido e idoneo a produrre i propri effetti, sostanziali e processuali, sin dal momento della prima notificazione, ferma naturalmente la nullità della successiva attività processuale condotta in assenza di valido contraddittorio (la SC afferma che nella specie non sono essenziali all’individuazione del diritto fatto valere in giudizio e del provvedimento giurisdizionale le “conclusioni” mancanti nella copia notificata, alle quali può assegnarsi solo il rilievo preparatorio dell’udienza: il c.d. terzo scopo dell’atto di citazione: quello cioè di far sì che il processo, quale serie di atti diffusa nel tempo e destinata a concludersi con la statuizione di merito del giudice, si svolga in modo ordinato, ragionevole e non alluvionale. Posto che nella specie le pagine mancanti della copia notificata incidono solo sulla vocatio in ius, non anche sulla editio actionis, restando invece del tutto irrilevante l’eventuale incidenza sul detto terzo scopo dell’atto, di detti vizi, lungi dal poter autorizzare l’opposto ad aspettarsi il passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo, lo oneravano anzitutto di proporre impugnazione avverso la sentenza notificatagli e in secondo luogo di richiedere al più la rimessione in termini per le attività che avrebbe potuto svolgere in primo grado ove si fosse tempestivamente costituito; non altro)

Qualora venga dedotta la nullità della citazione come motivo d’appello, in applicazione del principio della conversione delle nullità in motivo di gravame, gli effetti della sua rilevazione da parte del giudice sono regolati in conformità all’art. 294 c.p.c., equivalendo la proposizione dell’appello a costituzione tardiva nel processo, di talchè il convenuto contumace, pur avendo diritto alla rinnovazione dell’attività di primo grado da parte del giudice di appello (ai sensi dell’art. 354 c.p.c., comma 4), intanto potrà essere ammesso a compiere le attività che sono colpite dalle preclusioni verificatesi nel giudizio di primo grado, in quanto dimostri che la nullità della citazione gli abbia impedito di conoscere il processo e, quindi, di difendersi, se non con la proposizione del gravarne: situazione che, peraltro, può verificarsi solo in ipotesi di nullità per omessa o assolutamente incerta indicazione del giudice adito in primo grado, occorrendo, in ogni altra ipotesi, la dimostrazione (del tutto residuale) che le circostanze del caso concreto abbiano determinato anche la mancata conoscenza della pendenza del processo.

 

Cassazione civile, sezione terza, sentenza del 15.1.2020, n. 544